Monster hunter: Milla Jovovich a caccia di mostri

Basandosi sull’omonima serie di videogiochi divenuta nel tempo un vero e proprio fenomeno globale, il britannico classe 1965 Paul W.S. Anderson torna ad occuparsi di cineVgame con Monster hunter.

Del resto, al di là del primo, quanto, quinto e sesto capitolo della saga zombesca Resident evil, non dimentichiamo che, in fatto di universi videoludici trasferiti all’interno del grande schermo, l’autore di Punto di non ritorno ha firmato anche il Mortal kombat del 1995 e Alien vs Predator.

E, come già fatto per il citato franchise a base di morti viventi e Umbrella Corporation, cala nei panni della protagonista nientemeno che la compagna di vita Milla Jovovich, ormai da decenni iconico volto femminile dell’azione in fotogrammi.

Una Jovovich il cui personaggio è il Capitano Artemis, che, in seguito ad un’improvvisa tempesta di sabbia, finisce insieme alla propria unità in un nuovo mondo ostile e inesplorato, oltre che ospitante enormi e terrificanti mostri, a quanto pare immuni alle armi in possesso.

Unità costituita da Lincoln, Dash e Marshall, ovvero il T.I. Harris di Spleepless – Il giustiziere, la Meagan Good di Shazam! e il Diego Boneta di Terminator – Destino oscuro, oltretutto destinata ad incontrare nel corso della dura battaglia il misterioso Hunter, cui presta i connotati e l’agilità il Bruce Lee thailandese Tony Jaa, visto, tra l’altro, nella trilogia Ong-Bak.

L’Hunter che si scopre poi far parte della squadra guidata dall’Ammiraglio alias Ron Perlman, il quale completa la manciata di personaggi posti al servizio di una oltre ora e quaranta di visione tempestata fin dal suo avvio di esplosioni colpi sparati.

Perché l’interesse di Anderson è riportare fedelmente in film l’assenza di narrativa precisa che caratterizza Monster hunter: World; ma, se ciò risulta sicuramente funzionale ai fini dell’immediato intrattenimento senza tregua quando s’impugna il joypad con l’unico interesse di eliminare più avversari virtuali possibile, nel momento in cui ci si trova seduti in sala per assistere alle immagini proiettate, non avendo la possibilità di interagire non si rivela difficile, a lungo andare, avvertire la morsa della noia.

Tanto più che, man mano che l’esilissimo plot viene fagocitato dall’onnipresenza di elaborata effettistica digitale e scontri, tra dialoghi ridotti al minimo, tanto fracasso e prodotto finale in grado forse di lasciare soddisfatti solo i gamer meno amanti della Settima arte nel vero senso della parola, a latitare è anche un’originalità generale.

Infatti, se l’ambientazione non fatica nell’assumere i connotati di una variante di quella che fa da scenario ai vari Mad Max, le creature sembrano dirette discendenti dei tremors, anche per la maniera in cui si manifestano arrivando dal sottosuolo.

Quando non viene tirato in ballo quello che sembra un incrocio tra lo Smaug hobbitiano e il Draco di Dragonheart, nel corso di una seconda parte che, con coinvolgimento di mezzi volanti da guerra, tende inoltre a trascinare il tutto dalle parti dei kaiju eiga (pellicole con mostri giapponesi)… fino all’epilogo aperto (e abbastanza ridicolo, a dire il vero) di Monster hunter.

 

 

Francesco Lomuscio