Simone Papi e la sua vita in musica: arrangiatore, pianista, produttore, tastierista e programmatore

Simone Papi: arrangiatore, pianista, produttore, tastierista e programmatore. Una passione che inizia da bambino e che continua a coltivare, diventando un vero e proprio mestiere. Simone inizia con il violino, per passare contemporaneamente al piano, avvicinandosi al jazz. Tante le sue collaborazione con artisti di grande calibro, giusto per citarne alcuni: Francesco Nuti, Umberto Tozzi, Raf, Laura Pausini, Paolo Vallesi e Marco Masini. Una vita in musica che Simone ci racconta in questa intervista.
INTERVISTA A SIMONE PAPI
Caro Simone, benvenuto su “Mondospettacolo”: sei un musicista, arrangiatore, produttore e programmatore. Quando e come hai iniziato il tuo percorso all’interno della musica e se qualcuno, ha influito nella tua vita, per avviarti a quest’arte.
Si mio padre, era un trombonista e in casa non mancavano strumenti musicali, alcuni giocattolo come una chitarra o un organo “Bontempi” e uno “Stylophone”, un piccolo synth monofonico che si suonava con una penna.
Il mio approccio con la musica iniziò molto precocemente, a sei anni mi misi a strimpellare su quell’organetto “Bontempi” e, ad otto anni, iniziai lo studio del violino con il M° Stefano Michelucci, a dieci anni entrai in Conservatorio sempre come violinista dove arrivai all’ottavo anno di studio con tutti i diplomi annessi (piano complementare, teoria e solfeggio) ma a un certo punto interruppi gli studi perchè iniziai a lavorare come pianista in un ambito più “leggero”. A tredici anni iniziai anche un percorso parallelo al violino come pianista avvicinandomi alla musica jazz con degli illustri maestri come Luca Flores (Veltroni gli ha dedicato un libro che poi è diventato un film interpretato da Kim Rossi Stuart intitolato “Piano, solo”), Franco d’Andrea e Enrico Pierannunzi, tre colonne portanti del pianoforte jazz italiano.
 Hai lavorato con grandi artisti, come tastierista con Umberto Tozzi all’interno del suo tour: “Gli altri siamo noi” e l’anno successivo, contattato dal produttore Dado Parisini, hai partecipato in qualita’ di pianista nel tour: “La forza della vita” di Paolo Vallesi. Nel ’93 hai lavorato anche con Laura Pausini, alla realizzazione del suo album “Laura” e nel ’94 hai iniziato una lunga e proficua collaborazione con Raf. Puoi raccontarci, che cosa ti hanno “regalato” queste esperienze e cosa hai provato a lavorare con questi grandi interpreti?
Con Umberto Tozzi ho iniziato a lavorare a un certo livello, diciamo pure nella serie A della musica “Pop” italiana, fu un tour bellissimo e pieno di pubblico, a quei tempi Umberto era prodotto da Giancarlo Bigazzi che è stato uno dei più grandi produttori discografici italiani che si è affacciato più volte al mercato mondiale ed è stato il personaggio chiave che ha introdotto molti musicisti e artisti fiorentini nell’ambito discografico come Dado Parisini, Raf, Marco Masini.
Paolo Vallesi invece è un coetaneo, viene anche lui dalla scuola di Walter Savelli (noto pianista di Claudio Baglioni) e dopo la seconda partecipazione a Sanremo con “La Forza della Vita” iniziò il suo primo tour, come accennavi fui chiamato da Dado Parisini che in quel periodo era il suo produttore e mi ritrovai al pianoforte in quel fantastico tour dove eravamo tutti amici e coetanei fiorentini.
Dopo due anni di tour in quel modo (Tozzi e Vallesi), ovvero 180 date in 2 anni, ebbi una forte esigenza di lavorare in studio di registrazione perchè vedevo lo studio come un tempio di creatività, tutto quanto partiva dalle canzoni registrate in studio e mi ha sempre affascinato la creatività che era necessaria per, permettimi il termine, “partorire” un disco.
In realtà avevo avuto in precedenza delle esperienze che avevo trovato molto gratificanti, avevo realizzato come tastierista due colonne sonore per Francesco Nuti per i films “Stregati” e “Caruso Pascoski…” e poi anche il brano “Sarà per te” che Nuti portò al festival di Sanremo, e in quelle prime esperienze in studio affrontai subito lo scoglio della tecnologia, ho sempre trovato una certa facilità nell’utilizzo della tecnologia perchè ho sempre visto e inquadrato questi mezzi come strumenti creativi per fare musica.
Con Laura Pausini sono entrato in studio per la prima volta per realizzare un disco di un’artista importante, Laura partecipò a Sanremo con il brano “Strani Amori” estratto da quel disco e per me è stata un’esperienza illuminante, il mio ruolo come hai scritto era quello del tastierista programmatore, traducendo in parole povere ero il responsabile di tutte le parti di tastiere e di pianoforte e anche della scelta dei suoni di tutti i synth molto spesso anche creati per l’occasione dal niente e delle parti orchestrali, archi soprattutto, e devo dire che i miei studi come violinista sinceramente mi sono serviti molto.
Subito dopo questo disco iniziò la mia collaborazione con Raf, con lui ho condiviso percorsi musicali, umani e di vita durati sedici anni e hanno partorito brani come “Sei la più bella del mondo”, “Un grande salto”, “Infinito”, “In tutti i miei giorni”, “Superstiti”, “Non è mai un errore” per citarne alcuni… Con Raffaele ho portato avanti tutto quanto l’approccio della realizzazione discografica fino a trovarmi nel ruolo di produttore nel 2009 con Alessandra Amoroso per i suoi primi tre dischi.
Per quanto riguarda le esperienze che mi hanno regalato tutti questi lavori devo dire che sono stato molto fortunato e comunque mi sono sempre posto in maniera disponibile e propositiva, credo che la creatività e la curiosità siano le armi migliori per affrontare qualsiasi sfida.
Non dimentichiamoci anche di Marco Masini: cosa puoi dirci di lui e se hai un ricordo con questo straordinario cantautore.
Con Marco in effetti la cosa è molto curiosa, lo conosco dalla fine degli anni ’80 da quando lui era un tastierista e arrangiatore, l’ho sempre stimato in quel ruolo e poi mi ritrovai in studio con lui per realizzare dei brani per degli artisti emergenti in uno studio a Empoli che ora non c’è più, lui non aveva la minima idea che sarebbe diventato un artista anche se una sera andai a trovarlo in un locale a Firenze dove faceva pianobar con Massimo Rastrelli e rimasi colpito dalla sua voce, era bravissimo.
Poi l’occasione di Sanremo grazie a Giancarlo Bigazzi con il brano “Disperato” tra l’altro, altra curiosità, realizzato nello studio di registrazione dove oggi lavoro quotidianamente.
Da Sanremo nel ’90 Marco è entrato nell’olimpo degli artisti italiani.
Nel 2008, per cui molti anni dopo, ci siamo ritrovati e abbiamo realizzato insieme nel mio studio il disco “L’Italia… e altre storie”, l’album contiene il brano “L’Italia” che partecipò a Sanremo nel 2009, da quel disco è nata un’intensa collaborazione che dura fino a oggi, nell’ultimo suo disco ho addirittura mixato due brani. Devo dire che Marco è rimasto sempre uguale e anche quando lavoriamo insieme sembriamo i ragazzini che lavoravano in studio alla fine degli anni ’80.

Sei stato fra i primi ad essere anche un programmatore musicale, utilizzando software e programmi per mixare musica. Come hai avuto questa intuizione e cosa ti ha fatto appassionare al digitale

Il percorso è stato molto lungo e la tecnologia si è evoluta tantissimo negli anni, per me sono stati sempre mezzi per creare musica e chiaramente da tastierista una certa evoluzione nella tecnologia è stata quasi obbligatoria.
All’inizio il computer era un semplice registratore di eventi midi, ovvero i dati che partono e arrivano da una tastiera o un sintetizzatore per cui per avere più tracce era necessario possedere o avere a disposizione più tastiere.
Negli gli stessi software nati nella seconda metà degli anni ’80 per registrare il MIDI (Cubase, Logic, Performer, etc) oggi troviamo l’intero studio di registrazione virtualizzato per cui mixer e registratore e addirittura outboard ed effetti per realizzare dei mix professionali.
Lavorando a livelli alti mi sono sempre avvalso di studi di registrazione e di fonici di altissimo livello in tutte le produzioni che ho svolto fino al 2015 quando mi sono preso la responsabilità di portare in fondo i mixaggi in qualità di ingegnere del suono, in questo ruolo ho realizzato per tre anni consecutivi (2017-2019) le colonne sonore per la presentazione dell’auto di F1 della Ferrari ricevendo molti complimenti per la qualità ottenuta.
Chiaramente ho finalizzato anche le mie produzioni oltre un notevole quantitativo di produzioni esterne di tutti i generi fino al mixaggio per un film uscito nelle sale italiane qualche mese fa in Dolby 5.1.


Raccontaci, invece, il tuo oggi: il tuo lavoro e la tua musica. Sappiamo che sei un appassionato di Jazz, fin da giovanissimo …

Spesso mi trovo a contatto con giovani produttori, un piccolo consiglio che posso dare è quello di affidarsi sempre a persone competenti per quanto riguarda la parte finale della produzione ovvero il mix e il master, molto spesso ci si dimentica che non basta un computer per produrre musica, nel senso che l’approccio con il computer è totale e soprattutto molto immediato, le persone grazie agli smartphone hanno grande confidenza con la tecnologia ma non hanno un corretto approccio nel produrre musica, ci sono degli steps che ancora sono quelli e da decenni, l’unica differenza è che nel passato dovevi per forza passare da uno studio di registrazione mentre oggi con un computer hai l’accesso globale alla produzione ma se non fatta nel modo corretto e con i dovuti passaggi si rischia di fare danni.
Il mio lavoro attuale è prevalentemente in studio di registrazione, dagli arrangiamenti alle produzioni fino alle registrazioni, mix e master.
Con dei cari amici ho anche un gruppo che si chiama “Hit Italy” dove portiamo la musica italiana per il mondo, siamo stati in Kazakistan, Ucraina, Estonia, Cipro, Dubai, Oman e chiaramente Italia.
Sono anche compositore con Simone Pinelli di diverse sigle e musiche per Rai1, attualmente ho scritto la musica della sigla e dei sottofondi per la trasmissione “Camper” in onda su Rai1 dal Lunedì al Venerdì verso l’ora di pranzo nel periodo estivo da Giugno a Settembre.
Ho anche un progetto discografico con il DJ Ermir Zotay aka “Estmode” dove con la musca elettronica minimale miscelata alle mie influenze jazzistiche ci siamo posti ad un interesse a livello mondiale, i nostri vinili in Germania anche se per un pubblico di nicchia arrivano sempre al primo posto come vendite.
Il Jazz è un linguaggio, è una visione e soprattutto richiede per chi lo suona tanta empatia per creare il giusto interplay, per quanto mi riguarda ha sempre influenzato i miei arrangiamenti, c’è sempre stata una ricerca da parte mia del suono dell’accordo dovuto anche dalle dissonanze e alterazioni apprese nel linguaggio jazzistico, ma la cosa più bella è che la percezione all’ascolto è di una cosa bella e assolutamente pop, i grandi sono riusciti a far questo, uno su tutti Quincy Jones, io nel mio piccolo l’ho fatto o perlomeno ho cercato di farlo.
Per ultimo, appena avrò un attimo di pace lavorativa, vorrei affrontare un progetto per assemblare un album contenente i successi che ho realizzato nella mia vita professionale in una chiave più acustica, sicuramente mi circonderò di grandi musicisti soprattutto jazz, diciamo che per ora è un sogno nel cassetto, spero tanto che si realizzi, i presupposti ci sono.