Stasera in tv Paura e delirio a Las Vegas di Terry Gilliam, con Johnny Depp e Benicio del Toro

Stasera in tv su Iris alle 23,30 Paura e delirio a Las Vegas (Fear and Loathing in Las Vegas), un film del 1998 diretto da Terry Gilliam, con protagonisti Johnny Depp e Benicio del Toro. Presentato in concorso al 51º Festival di Cannes, è tratto dal libro parzialmente autobiografico Paura e disgusto a Las Vegas di Hunter S. Thompson, in cui lo scrittore usa lo pseudonimo di Raoul Duke, mentre l’avvocato Oscar Zeta Acosta viene chiamato Dr. Gonzo. Gli stessi personaggi erano già stati portati sul grande schermo nel 1980 rispettivamente da Bill Murray e Peter Boyle nella pellicola mai distribuita in Italia Where the Buffalo Roam, basata anch’essa sui testi dello stesso Thompson. Il film fu un insuccesso al botteghino, incassando 10,6 milioni di dollari a fronte di un costo di produzione di 18.5 milioni. Con Johnny Depp, Benicio Del Toro, Christina Ricci, Tobey Maguire, Ellen Barkin.

Trama
Stati Uniti d’America, 1971. Il giornalista Raoul Duke e il suo imponente avvocato, il dottor Gonzo decidono di partire a bordo di una decappottabile rosso scuro verso la città di Las Vegas. Nel bagaglio, sostanze farmaceutiche e bevande in grado di far uscire di testa chiunque.

“Dopo due film su commissione tremendamente riusciti (La leggenda del re pescatore del 1991 e L’esercito delle 12 scimmie del 1995), per i quali non scrisse la sceneggiatura e per i quali mise la museruola al suo stile iper-surrealista, Terry Gilliam recupera il libro semi-autobiografico Paura e disgusto a Las Vas Vegas di Hunter S. Thompson, l’inventore del cosiddetto Gonzo Journalism, e torna ai suoi barocchismi visivi, sempre in bilico tra grottesco e trash. In Paura e delirio a Las Vegas, l’esuberanza registica di Gilliam e il suo surrealismo sfrenato risultano totalmente funzionali alla descrizione del caos lisergico in cui si muovono i due protagonisti, tra un acido e una dose di mescalina. Il ritmo è ottimo e i due protagonisti calzano perfettamente i ruoli che gli sono stati assegnati. Nonostante il film sia diventato un cult tra le giovani generazioni, che vi hanno visto un goliardica esaltazione dell’abuso di sostanze psicoattive, il senso profondo dell’opera nasconde un messaggio ben più disincantato e conservatore: come emerge dalle riflessioni del protagonista – relitto umano delle utopie hippie del decennio precedente – l’unica cosa che il ’68 ha lasciato agli americani è il cieco e triste uso disinvolto della droga. Presentato in concorso al 51° Festival di Cannes”.

 

 

Luca Biscontini