The beekeeper: Jason, l’uomo che punge come un’ape

Tendenza del cinema action del XXI secolo è senza dubbio quella di realizzare franchise in cui per protagonisti troviamo personaggi presi da un certo personale senso di giustizia sommaria e che possibilmente abbiano un passato segreto al servizio di qualche ente spietata, che siano essi ex sicari o agenti governativi in pensione.

Ne sono una testimonianza i Liam Neeson, Keanu Reeves e Bob Odenkirk di Io vi troverò, John Wick e Io sono nessuno, i quali hanno regalato del sano intrattenimento sfruttando un comparto stunt in vena di di esagerazioni pregne comunque di realismo scenico nei vari combattimenti all’ultimo sangue inscenati.

Con The beekeeper si aggiunge ora a questa tendenza Jason Statham, nel cui passato di attore specializzato in personaggi d’azione mai, forse, aveva ricoperto un ruolo assai particolare come quello dell’apicoltore dai solidi principi morali qui protagonista, deciso a vendicare la morte di una persona cara ricorrendo alle sue doti di agente governativo quale era prima di ritirarsi definitivamente. Lui è Adam Clay, che raccoglie miele e vive nella fattoria della signora Eloise Parker (Phylicia Rashad), la quale lo ha accolto a braccia aperte e gli ha saputo regalare la pace che lo stesso cercava da tempo. Fino al momento in cui Eloise rimane vittima di una truffa mediatica che, facendole perdere ogni risparmio della sua vita, la spinge al suicidio. Un fatto che porta Adam a decidere di dare la caccia alle persone responsabili di tutto ciò, riprendendo le armi in mano per radere al suolo un’organizzazione guidata dal giovane rampante Derek Danforth (Josh Hutcherson) e sostenuto dall’agente CIA Wallace Westwyld (Jeremy Irons), vasto impero incentrato sulle truffe ai danni dei più deboli.

Diretto dal David Ayer regista di Suicide squad e Fury e scritto dal Kurt Wimmer sceneggiatore di Ultraviolet e Salt, già insieme per La notte non aspetta, The beekeeper è forse l’occasione giusta per poter dar modo al noto action man Statham di “recitare” innanzitutto con le mani e con le armi, poggiandosi su un’estetica secca e un ritmo abbastanza martellante, funzionale al tipo di prodotto proposto. Stranisce il chiaro desiderio di fare il punto su dove stia andando a finire la nostra società, tra enti multimediali truffaldine che si approfittano di persone sprovvedute (come le anziane signore), ricorrendo però al sano intrattenimento action senza pensiero e, soprattutto, senza logica, in mezzo a dialoghi spiccioli e sagome per botte da orbi. C’è quindi dell’ambizione nel profondo di questo semplice action movie, come a voler diversificare il prodotto in sé da altri simili, sia per tematiche che per aspettative.

Ma non sempre si può considerare riuscito sotto questo aspetto, tanto che alla fine, ovviamente, a prendere il sopravvento è soltanto il lato adrenalinico, con la mano di Ayer che ci va giù pesante nelle scene d’azione vincendo sulla scrittura di Wimmer, il quale tenta di sviluppare maggiormente personaggi a se stanti (la figlia agente FBI della Parker, interpretata da Emmy Raver-Lampman, un Irons in aria di svagarsi e basta). Alla fine dei giochi, comunque, The beekeeper rimane un film che riesce a regalare dello spettacolo roboante e violento, a suo modo anche politicamente scorretto e che, proprio per questo, riesce a risultare all’altezza della situazione pur confrontato con i vari John Wick. Sebbene nello svolgimento e nelle finalità ha molto in comune con Shooter di Antoine Fuqua.

 

 

Mirko Lomuscio