The Suicide squad – Missione suicida: tropp Gunn

Man mano che troviamo in scena un biondo e capellone Michael Rooker nei panni del vigilante genio dei computer Savant, è una versione live di Folsom prison blues di Johnny Cash ad accompagnare l’apertura di The suicide squad – Missione suicida, che è bene precisare non sia né un sequel, né un reboot del Suicide squad firmato nel 2016 da David Ayer.

Una sorta di rilancio che, facendo a meno di alcuni dei personaggi – a cominciare dal Deadshot e dal Joker cui concessero rispettivamente anime e corpi Will Smith e Jared Leto – proposti in quel primo lungometraggio, si pone quale principale obiettivo quello di recuperare lo spirito dei fumetti della Squadra suicida targata DC Comics curati negli anni Ottanta da John Ostrander e Kim Yale, senza adattarne precise storie.

Molto semplicemente, infatti, le oltre due ore e dieci di visione vedono i reietti forniti di abilità sovrannaturali (o sovrumane) e di combattimento avanzate reclutati dall’agente governativo Amanda Waller, nuovamente incarnata da Viola Davis, per essere inviati sull’isola di Corto Maltese a distruggere un laboratorio di epoca nazista dove venivano condotti atroci esperimenti scientifici.

Reietti comprendenti in questo caso, oltre all’ibrido uomo-pesce mangia uomini King Shark, doppiato nella versione originale del film da Sylvester Stallone, il Bloodsport che pare abbia mandato Superman in terapia intensiva usando un proiettile alla Kryptonite (!!!), Peacemaker, squilibrato reduce della guerra in Medio Oriente, Polka-Dot Man, dal costume coperto di pois che si rivelano armi micidiali, e Ratcatcher II, ladra capace di controllare i ratti, ovvero Idris Elba, John Cena, David Dastmalchian e Daniela Melchior.

Mentre, al di là di coinvolgimenti marginali di altre figure quali la donnola perversa Weasel o il mercenario T.D.K., i cui arti superiori si possono staccare dal corpo, fanno ritorno dal capostipite il Capitan Boomerang di Jai Courtney, il Rick Flag di Joel Kinnaman e la Harley Quinn di Margot Robbie che, nel frattempo concessasi lo spin off Birds of prey e la fantastica rinascita di Harley Quinn di Cathy Yan, attua anche un grottesco massacro sulle note della Just a gigolo di Louis Prima.

Del resto, in mezzo a crani che esplodono e corpi che deflagrano in litri di liquido rosso, è proprio su una sequela di violentissime uccisioni che si costruisce principalmente la prima parte di The suicide squad – Missione omicida, al cui timone di regia troviamo il James Gunn che sembra omaggiare L’alba dei morti viventi – del quale fu sceneggiatore e che venne diretto dal qui produttore esecutivo Zack Snyder – sfruttandone nei titoli di testa la People who died della Jim Carroll Band che lì, invece, chiudeva il tutto.

Perché non dobbiamo dimenticare che, al di là dei due Criminali della galassia disneyani, nel passato di Gunn vi sono sia lo zombie movie Slither che fondamentali collaborazioni con il trashissimo universo trasudante frattaglie e liquidi assortiti della Troma (casa di produzione di The toxic avenger e Tromeo & Juliet, per intenderci).

Ma la domanda, allora, sorge spontanea: era necessario trasformare in uno spettacolo in fotogrammi altamente cinico e visivamente estremo, seppur perennemente intriso d’ironia, una tipologia di cinecomic che, da sempre, si rivolge al pubblico dei giovanissimi?

Come anticipato già dal non troppo esaltante Deadpool di Tim Miller, probabilmente anche la Settima arte hollywoodiana d’intrattenimento ha cominciato a prendere una strada sempre meno edulcorata; in ogni caso, però, tra ormai immancabili e forzate battute di stampo gay (“Adoro la pioggia, sono gli angeli che si fanno una sega”) e qualche virtuosismo splatter che si sarebbe potuto evitare (si pensi solo al dettaglio del cuore perforato immortalato dall’interno del corpo), la citata prima parte di The suicide squad – Missione suicida rischia di lasciare nella memoria dello spettatore soltanto un eccessivamente lungo e fracassone boato tinto di emoglobina.

Un fracassone boato a base di situazioni sicuramente girate in maniera ineccepibile e vantanti un’eccellente effettistica, ma al quale è preferibile la seconda fase dell’insieme, che si avvicina addirittura all’horror fino a sfoderare il momento maggiormente riuscito dell’operazione nell’altamente spettacolare scontro conclusivo in stile kaiju eiga (pellicole con mostri giapponesi). Con un’ultima sorpresa posta durante i titoli di coda.

 

 

Francesco Lomuscio