Torino Comics 2016: Rapporto dal fronte del nostro inviato Kurtz Rommel

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L’arte è l’unica cosa seria al mondo. E l’artista è l’unica persona che non è mai seria.
(Oscar Wilde)

Ed anche quest’anno il Torino Comics è passato. 15, 16 e 17 aprile, tre giorni unici nel loro genere.

Giunto ormai alla sua edizione XXII, è diventato una specie di tradizione di Torino: una tradizione che, ogni anno, nella cornice della Città Magica per eccellenza, riunisce espositori ed appassionati di film, videogame, letteratura ed arte da ogni angolo non solo dell’Italia ma anche del mondo.

Eh sì… letteratura ed arte. Come vogliamo definire qualcosa che dà a così tanta gente la possibilità di realizzare i loro sogni, e che crea dei veri e propri capolavori come libri, film, fumetti, e persino videogiochi? Tutte cose che ad una prima occhiata vengono identificate come opere di fantasia, fermandosi lì, come “bambinate”, come “cose da bimbiminkia”, e che invece, dal punto di vista umano e psicologico, hanno una valenza assolutamente enorme. Sono simboli, spesso e volentieri con un significato addirittura archetipico, di cui l’uomo ha da sempre il desiderio e la necessità.

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Ed è qua che nasce, cresce e si sviluppa una nuova forma artistica: il cosplay.

Nato in Giappone, è diventato una moda in tutto il mondo, per poi evolversi e cambiare, arrivando ad essere una vera e propria forma di fenomeno sociale: chi partecipa si traveste, indossando i panni dei personaggi di tutti gli universi immaginari che lo appassionano,  e diventandone una sorta di personificazione. Un fenomeno sociale ancora malcompreso e visto come una cosa “da ragazzini”, almeno fino a quando non si incontra, in uno stand, una coppia di Dei nordici: Odino e la sua consorte Frigg, superbamente interpretati da una coppia tanto anziana quanto distinta, a totale dimostrazione del fatto che i sogni non hanno età. A mio parere, erano tra i migliori cosplayer.

Inutile dilungarmici, ormai tutti sanno cos’è il cosplay: una vera e propria forma di espressione artistica, ma soprattutto la realizzazione, per gioco o per vanità, per divertimento o per sfogo, di tutto ciò che le persone “normali”, o per meglio dire le persone omologate, che hanno rinunciato a seguire i loro sogni ed aspirazioni, in larga parte odiano e disconoscono.

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Ho potuto vedere, sulla metro, da parte di tante, troppe di queste persone “normali”, sorrisi di compatimento o sguardi di disapprovazione: occhi che dicevano, con la solita, banale ipocrisia degli scontenti, “cosa ti conci così, che sei grande…” a cosplayer vestiti come i personaggi dei loro sogni, senza avere però il coraggio di parlare a voce alta.

Una scena in particolare mi ha colpito: due ragazzi messi in tenuta da zombie, lui e lei, che sul vagone si guardavano con amore e si baciavano, davanti alla solita vecchiaccia “perbene”, vestita senza il minimo gusto, con abiti dozzinali e fintamente costosi, che li squadrava con odio e schifo.

Cara signora, vorrei farle notare che anche lei era in pratica in cosplay, perchè il suo tanto low cost, quanto parecchio pacchiano modo di vestirsi ed atteggiarsi, era quello di una persona che vorrebbe essere altro, nella fattispecie una riccona del bel mondo, che lei non è. Con una differenza, però, rispetto a quei due ragazzi: loro lo facevano per gioco, non per invidia. Loro si erano travestiti per divertirsi, non per illudersi. E loro,  al contrario di lei, erano felici. Lo erano quel giorno, e corrono il rischio di esserlo sempre: senza cedere alla tranquilla, omologata e triste normalità, che altro non è se non l’appiattimento e l’allineamento alle convenzioni sociali, ai moralismi, ai perbenismi ed alla noia, di cui invece lei, signora, era tristemente ripiena.

Quei ragazzi corrono il rischio che lei, invece, ha voluto evitare, e di cui ha avuto paura.

Quello stesso rischio che invece hanno corso Odino e Frigg, fin più anziani di lei, senza risultare minimamente ridicoli o “fuori età”, ma anzi, ottenendo il risultato opposto. Di nuovo, complimenti a loro due per la superba interpretazione e per i costumi, veramente ben fatti.

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Torniamo all’argomento principale. Il Torino Comics.

L’edizione di quest’anno è stata un vero e proprio trionfo: spostata dalla sua abituale sede di Torino Esposizioni subito dietro, all’Oval, ha spezzato come un grissino ogni precedente record di entrate.

Oltre 55.000 visitatori, con un incremento di un terzo abbondante rispetto alla scorsa edizione, si è svolta in un padiglione diverso, che ha ospitato un gran numero di espositori, dai negozi di gadget agli editori, ed un numero elevatissimo di cosplayer.

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Si è imposta anche la vendita online dei biglietti: più di 10.000, contro i “soli” 6.000 dello scorso anno, che ha consentito anche un discreto risparmio di tempo a chi voleva entrare. In poche parole: ragazzi, comprate i biglietti online ed evitate la coda…

Una menzione particolare va allo stand della Umbrella Italian Division, che ha monopolizzato gli sguardi di ogni visitatore, non solo grazie all’accuratezza del setup, ma anche alla ricchezza e varietà delle attività messe in opera. Trucco da zombie su richiesta, battaglie tra i non-morti e le forze di sicurezza della Umbrella, survival game, stand con vendita di gadget e visita guidata allo stand, allestito come una sorta di base avanzata completa di elicottero ed autobus di Raccoon City.

In questa suggestiva cornice si muovevano orde di infetti, i ricercatori in camice bianco, e le imponenti figure nere, in completo antisommossa, alte come corazzieri, della Umbrella.

Subito a fianco, le tre (ormai ospiti fissi) movie cars di Edoardo Alini, per gli amici EDOKITT, di Knight Rider Italia.

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Sul lato opposto dell’Oval era allestita la zona gaming, con i megaschermi che trasmettevano in diretta i tornei di World of Warcraft, commentato in diretta dagli speaker sul palco, il cui peso massimo è stato il team Network di Tom’s Hardware, e quella youtuber, in cui spiccavano nomi di fama quali J0k3r, Klaus, Jakidale, LaSabriGamer, Lama Laggante, TolaFra e Sbuci.

Sul palco, che poi ha ospitato ben due eventi di cosplay, sono intervenuti tre attori internazionali, da tre produzioni diverse. Robert Picardo, l’interprete del Dottore di “Star Trek: Voyager”, Kandyse McClure, ovvero il Sottufficiale Anastasia della serie remake di Battlestar Galactica, e Kenny Baker, colui che interpretò l’amatissimo droide R2-D2 di “Guerre Stellari”, un ruolo in apparenza facile, ma in realtà tra i più ostici. Infatti, a parte la scomodità di recitare chiuso in quello che era in pratica un bidone della spazzatura per ore, al caldo ed allo stretto, con un campo visivo ridottissimo, la vera difficoltà era quella di rendere le movenze del droide realmente “vive”, di trasmettere quindi al pubblico l’idea che R2-D2 avesse una sua personalità, una sua coscienza, una sua mente.  Tutte cose che nessun modello radiocomandato avrebbe mai potuto trasmettere, e che invece Baker fece, dentro quel bidone, riuscendo a donargli quell’umanità e quella simpatia che lo resero una vera e propria icona del cinema. E proprio questa umanità delle macchine è uno dei temi della sci-fi.

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Spesso si è detto che il cinema è il precursore della realtà: in effetti è vero. Oggi non abbiamo ancora droidi autocoscienti, quindi vere e proprie forme di vita, in giro per le nostre città.

Non abbiamo nemmeno robot come Terminator, ma ci vorrà poco. Nel giro di un secolo sarà normale, e non passerà molto prima che un corteo di robot scenda in piazza per chiedere i suoi diritti civili, che una coppia di androidi si presenti in municipio per sposarsi, od addirittura una coppia mista, umano ed androide. La nostra società, così come la intendiamo oggi, dovrà evolversi o soccombere. Noi, in quanto umani, per ora abbiamo quel qualcosa in più che ad una macchina manca, ma in un futuro non così lontano dovremo renderci conto di non essere soli, ed accettarlo od estinguerci, soppiantati da nuove, vere e proprie, forme di vita. Una sfida enorme, a livello sociale, industriale, economico, psicologico, civile e militare. Che futuro sarà il nostro? Come lo sapremo condividere con robot, cyborg, intelligenze artificiali? La risposta sta solo a noi. Se riusciremo ad accettare questo cambiamento e ad evolverci di conseguenza, sopravviveremo. Se no, faremo la fine dei dinosauri. Un bell’interrogativo, alla fine, di cui un droide a forma di bidone, che si esprime a ronzii e cinguettii elettronici, è un simbolo molto più calzante di Terminator, di Hal 9000 o della Regina Rossa dell’alveare di Resident Evil. Un droide, alla fine, molto più umano di tanta, troppa gente.

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Altra novità del Torino Comics, quest’anno, è stata l’area autori: ogni fumettista ha avuto un suo spazio espositivo, personalizzato ed unico, nel quale ha potuto firmare autografi, incontrare i fan, tenere sessioni di disegni. In questa zona le visite maggiori sono state agli stand di Paolo Barbieri, nonché del trio composto da Silver, Clod e Guido De Maria. Un ottimo successo anche per Ivo Milazzo, il padre di Ken Parker, per il trio di Claudio Chiaverotti, Lola Airaghi e Giovanni Talami, rispettivamente autore e disegnatori di Morgan Lost, ed anche per i disegnatori Disney, tra cui spiccavano nomi come quelli di Marco Gervasio, Corrado Mastantuono, Maurizio Amendola e Stefano Intini, e Valerio Held.

Le aree espositive, in generale, erano ben messe, anche se si sarebbe potuto fare di meglio: ma essendo anche la prima volta all’Oval, non si poteva pretendere la perfezione.

Anche quest’anno l’organizzazione, la Cospa Family, di cui fa parte anche il campione mondiale di cosplay 2013, ovvero Massimo Barbera, ha fatto un ottimo lavoro.

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Sul palco dell’Oval si sono alternati, nei due giorni di massima affluenza, sabato e domenica, cosplayer di ogni genere ed età, in sfilate, karaoke, esibizioni, momenti di attività, i cui momenti di massimo significato sono stati quelli del contest “Villains” di sabato e della sfilata competitiva di domenica. Il sabato ha visto sfilare tutti i “cattivi” delle serie fantasy e di fantascienza, dai film ai libri, ai fumetti e cartoon. Domenica, invece, la sfilata competitiva ha portato i cosplayer a mostrare le loro abilità nella costruzione dei costumi, nell’immedesimazione nel personaggio scelto, nella scioltezza e nella simpatia sul palco, nelle categorie singolo, coppia e gruppo. Il premio, ambito da tutti, era un viaggio al Disneyworld di Orlando, negli USA, disputato fino all’ultimo costume, all’ultima scena, all’ultimo sorriso.

Insomma, seppur con qualche prevedibile scivolone su alcuni dettagli, anche quest’anno il Torino Comics è stato un trionfo, ancora più che nelle scorse edizioni. Una fiera grande, bella, organizzata sempre meglio, con ospiti di fama, iniziative di ogni tipo, stand e cosplayer sempre più numerosi.

E come tutti gli anni, il messaggio che ne traspare è uno: senza fare dei sogni la propria vita, non si deve mai smettere di sognare. Tutti abbiamo le nostre fantasie, i nostri sogni, i nostri desideri. Tutti noi viviamo in un mondo spesso claustrofobico, grigio e restrittivo, che ci ingabbia in una serie di restrizioni, fatte di moralismi fasulli, pensieri precostituiti o manipolati, luoghi comuni o pregiudizi.

Tutti noi abbiamo, chi più chi meno, il desiderio di evaderne, per essere finalmente noi stessi, essere liberi e soddisfatti. Il solo modo per farlo è quello di saper vivere, senza limitarsi ad esistere, senza spegnersi in una quotidianità che alla fine ci polverizza e ci fa dimenticare. Vivere vuol dire anche  saper mantenere il nostro lato più fantasioso ed irrazionale, senza ucciderlo perché “siamo diventati grandi”. Crescere non vuol dire uccidere i nostri sogni. Chi uccide i suoi sogni non è cresciuto, si è solo spento. Gli artisti hanno da sempre dato forma ai loro sogni, e sono da sempre adulti. Artisti che hanno sempre letto, osservato, preso esempio dai miti, dalle leggende, dalla letteratura e dalla scienza, o che addirittura hanno fatto della scienza una vera e propria forma d’arte.  Artisti che, ognuno nel suo campo, dalla poesia alla pittura, dalla scrittura di romanzi al cinema, sono uno dei migliori esempi da seguire, per prendere le ispirazioni che possono darci quel qualcosa in più che vogliamo. Artisti che, oggi, guarda caso producono anche fumetti, cartoons, fantasy e fantascienza.

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Artisti che hanno avuto, come possiamo leggere sui libri, le vite più disparate: dalle più quiete ed ordinate, a quelle più disassate e confusionarie. Vite che però, indubbiamente, sono state le loro, uniche ed irripetibili: non delle semplici, ordinarie esistenze, consumate giorno dopo giorno tra una casa che magari non è quella dei propri sogni, un lavoro che serve solo a pagare le rate della casa che non piace e dell’auto che serve per andare a lavorare, una famiglia tirata su alla meno peggio perché “tutti si sposano e hanno un figlio”.

Anche il cosplay è arte, in certi casi una forma di magia. La magia è poi questo: cambiare la realtà in base alla propria volontà, cioè, in sostanza, in base ai propri desideri. E il desiderio di tutti noi, sinceramente, è quello di vivere la propria vita, di non ridursi alla sola esistenza. Un desiderio che possiamo e dobbiamo rendere una realtà, sviluppando la nostra cultura, la nostra ragione, il nostro libero arbitrio, grazie a tutti gli stimoli ed esempi che abbiamo attorno, datici da tutti gli artisti del mondo, dai più classici ai più moderni. Sforziamoci, ed arriveremo a Vivere, non solo ad esistere.

KURTZ ROMMEL

Reg. Reporter, G.N.S. Press Association