Tyler Rake: io lo troverò

Il titolo originale è Extraction, ma è quello italiano Tyler Rake a fare riferimento al mercenario che, operante nel mercato nero, possiede i connotati del Chris Hemsworth che ha raggiunto la popolarità nei panni del supereroe Marvel Thor.

Mercenario che viene ingaggiato già nel corso dei primi venti minuti di visione per salvare da una sorta di Escobar mediorientale il giovanissimo Ovi Mahajan alias Rudhraksh Jaiswal, figlio rapito di un boss del crimine internazionale.

Un’idea di base decisamente semplice e non certo originalissima che, partendo da una graphic novel, Joe Russo – regista insieme al fratello Anthony di diverse avventure cinematografiche degli Avengers – sceneggia per il debutto dietro la macchina da presa di Sam Hargrave, stunt dalla carriera venticinquennale.

E il fatto che, appunto, quest’ultimo provenga da acrobazie da set e controfigurazioni è facilmente intuibile dall’importanza che in Tyler Rake viene conferita alla spettacolarità e alle pericolose imprese fisiche da machismo in fotogrammi.

Perché, in mezzo ad uccisioni decisamente feroci e una fuga nelle fogne riecheggiante, a suo modo, una situazione del primo Rambo, Hargrave dimostra di aver acquisito la capacità di concretizzare action in fotogrammi grazie a momenti come quello rappresentato dal lungo pianosequenza da antologia in cui la steadycam segue Tyler affiancato da Ovi e impegnato in scontri corpo a corpo, “distribuzione” di pallottole volanti e inseguimenti su quattro ruote.

Soltanto una delle molte frenetiche sequenze destinate ad infarcire una serrata oltre ora e cinquanta che, al di là del plot a base di intrattenimento d’azione, provvede a delineare un mondo squallido in cui le persone non sono considerate altro che pacchi, merce sulla cui testa viene apposto un valore.

Man mano che emergono elementi tragici riguardanti il passato di Rake e che facciamo conoscenza con il suo amico Gaspar, ovvero David”Hellboy”Harbour.

Fino al confronto che si svolge sopra un grande ponte e che contribuisce ulteriormente a rendere coinvolgente e tutt’altro che noioso Tyler Rake, girato in maniera ineccepibile e approdante ad una conclusione nient’affatto banale, proprio come i personaggi che porta in scena… oltre che dispensatore di una precisa morale: si affoga non perché si cade in un fiume, ma in quanto si resta sommersi sott’acqua.

 

 

 Francesco Lomuscio