LE RECENSIONI DI DAVIDE COMOTTI: “GLI UOMINI DAL PASSO PESANTE”

La “Medusa”, che da un po’ di tempo contribuisce alla riscoperta del western italiano, distribuisce in dvd Gli uomini dal passo pesante (1965), diretto da Mario Sequi con lo pseudonimo di Anthony Wileys. Si tratta di una prima visione assolutamente da non perdere, vista anche la precedente rarità di diffusione della pellicola in Italia, che ne aveva fatto quasi un oggetto di “culto” per gli appassionati. Il grande e compianto critico Antonio Bruschini lo ha definito “veramente ben condotto e realizzato con uno smalto che niente ha da invidiare a tanti prodotti americani”. Siamo alle origini del western all’italiana: dopo che Sergio Leone aveva imposto il genere all’attenzione di un vasto pubblico, numerosi registi hanno iniziato a realizzare opere più o meno personali. La pellicola di Sequi, che si cimenta qui nel suo unico western, è sicuramente una delle più memorabili, innanzitutto per l’armoniosa fusione fra l’atmosfera epica “all’americana” e quella più squisitamente italiana.

Il soggetto (tratto dal racconto Guns of North Texas di Will Cook) viene sceneggiato da Albert Band (alias Alfredo Antonini) e Ugo Liberatore. La vicenda prende il via subito dopo la Guerra di Secessione, quando il soldato Lon Cordeen (Gordon Scott) fa ritorno a casa e si scontra con il crudele padre Temple Cordeen (Joseph Cotten), un proprietario terriero sudista che non vuole arrendersi alla sconfitta e amministra con i figli una giustizia sommaria in tutta la contea. Insieme al fratello Hoby (James Mitchum) e al cognato Charley Garvey (Franco Nero), Lon si ribella alla tirannia paterna: la guerra fratricida è inevitabile e destinata a concludersi in modo tragico.

L’atmosfera che si respira guardando Gli uomini dal passo pesante è il rude sapore della frontiera americana, grazie anche ai caldi e bellissimi colori della fotografia (curata da Alvaro Mancori). Le prime sequenze, in cui vediamo una diligenza viaggiare attraverso un’ampia prateria, potrebbe far pensare a un western in puro american style, ma subito dopo lo spettatore deve ricredersi. L’azione si sposta infatti in un villaggio dove il crudele Temple Cordeen, insieme ai suoi sgherri, fa impiccare un giornalista (interpretato dal grande Claudio Gora), “colpevole” di voler documentare la sua attività di schiavista. La scena è realizzata in maniera cruda e diretta, con tanto di inquadratura sul corpo penzolante di Gora davanti alla disperazione della figlia: una sequenza che difficilmente vediamo nel western americano, tendenzialmente meno violento rispetto a quello di casa nostra. Anche Gli uomini dal passo pesante, a dire il vero, non è fra i western italiani più violenti, ma è proprio l’atmosfera ad essere crudele e amara. Ci sono poi alcune scene in cui emerge il gusto sadico destinato a caratterizzare numerose pellicole di questo genere: oltre alla suddetta impiccagione di Gora, pensiamo a tutto lo scontro fratricida finale, e soprattutto al momento in cui il personaggio di James Mitchum, incattivito dall’alcool, spara nella schiena a due banditi che tentavano di scappare e crivella di colpi i loro cadaveri. Puro distillato di western all’italiana. Ma, come accennato in precedenza, il film in questione può vantare un’omogenea mescolanza fra tratti stilistici e narrativi squisitamente italiani (la violenza, la sonorità acuta degli spari) e altri più tipici del western made in USA (le scene epiche del viaggio con la mandria, la vita in campagna).

Quest’alternanza di stile trova un pieno riscontro anche nel cast: Gli uomini dal passo pesante è un film realizzato ad alto budget (le scene con il bestiame sono state girate addirittura in Argentina, al contrario di altri western che dovevano accontentarsi delle campagne romane), e può quindi permettersi attori di alto livello. Sequi sfodera un poker d’assi fenomenale: i tre americani Joseph Cotten (star di Hollywood), Gordon Scott (eroe dei peplum italiani), James Mitchum (figlio del celebre Robert, con il quale può vantare un’incredibile somiglianza) e il nostro Franco Nero (accreditato come Frank Nero). Gordon Scott, proveniente dai film mitologici, è roccioso e monocorde, ma svolge bene il suo ruolo, mentre Franco Nero (non ancora vestiti i panni di Django nell’omonimo film) è un po’ sottoutilizzato. I personaggi più azzeccati sono senza dubbio quelli interpretati da Joseph Cotten, la cui severa espressione delinea in maniera strepitosa il crudele capofamiglia (un ruolo simile lo riveste anche in un altro bellissimo western italiano: I crudeli, diretto da Sergio Corbucci nel 1966) e da James Mitchum, non solo per la somiglianza col padre, ma anche per l’evoluzione che attraversa. Da ragazzo timido e ribelle, dopo aver affrontato un viaggio in cui perde un braccio (non sapremo mai il perché), ritorna incattivito e abbrutito dall’alcool, a tal punto che non esiterà a uccidere i fratelli.

Dunque, gli ingredienti per un ottimo western ci sono tutti, e la regia li sfrutta alla perfezione: un ottimo cast, personaggi ben delineati psicologicamente, belle sparatorie e un’atmosfera da tragedia greca (anch’esso un elemento spesso presente nel western all’italiana). Il tema principale del film è infatti la ribellione allo strapotere del padre: una ribellione sia “psicologica” che “sociologica”, e che finisce per portare al quasi totale sterminio della famiglia. Nel lungo scontro finale, il personaggio di James Mitchum uccide infatti i tre fratelli (bellissimo il primo piano della sua espressione, mista di follia e disperazione, dopo che ha ucciso il primo), per poi soccombere egli stesso, pentendosi di quanto ha fatto. Il patriarca, invece, in uno dei finali più commoventi del genere western, impazzisce dopo aver visto i figli uccidersi fra di loro, e viene riportato a casa dall’unico figlio maschio superstite (Gordon Scott), che si promette di continuare a vivere in pace come avrebbe sempre voluto.

La colonna sonora è firmata dal maestro Angelo Francesco Lavagnino, compositore di numerosissime musiche da film (non solo western). Il tema portante de Gli uomini dal passo pesante è un tema musicale efficace, anche se abbastanza semplice e non particolarmente memorabile: un ritmo incalzante, con le percussioni in salsa “country”, che sentiamo già sui titoli di testa e che ritorna periodicamente nel corso del film. È un tema musicale che sembra ispirato al western americano, con un respiro quasi “epico” richiamante lunghe cavalcate e praterie selvagge.

Davide Comotti