Assassinio a Venezia: la virata horror di Kenneth Branagh

A sei anni da Assassinio sull’Orient Express, del 2017, primo capitolo della saga con protagonista Hercule Poirot, Kenneth Branagh torna nei panni del detective belga e dirige Assassinio a Venezia, un nuovo tassello che vira decisamente verso l’horror, seppur nella sua accezione più soft.

Nel primo dopoguerra infatti, troviamo Poirot a Venezia: il detective si è ritirato nella splendida città lagunare e ha smesso di esercitare la professione, provato dalle perdite personali subite e dagli orrori della guerra appena finita. C’è una lunga fila di potenziali clienti che giornalmente lo attende fuori dal palazzo, ma lui riceve solo il pasticcere e si reca personalmente a scegliere le uova fresche.

A scene still from 20th Century Studios’ A HAUNTING IN VENICE. Photo courtesy of 20th Century Studios. © 2023 20th Century Studios. All Rights Reserved.

La sua guardia del corpo – Vitale Portfoglio, interpretato dal nostro Riccardo Scamarcio – allontana i molesti e i curiosi, ma un bel giorno la vecchia amica di Poirot, Ariadna Oliver, un’intrigante Tina Fey, autrice bestseller di gialli, lo invita a partecipare ad una seduta spiritica che avrà luogo durante la notte di Halloween. Poirot è pronto a svelare i trucchi del mestiere della conturbante Joyce Reynolds, cui dà il volto la sempre bravissima Michelle Yeoh, reduce dall’Oscar per Everything everywhere all at once, ma ben presto qualcosa di umanamente incomprensibile insinuerà profondi dubbi persino nel pragmatico detective.

Il cast comprende anche Kelly Reilly nel ruolo della soprano Rowena Drake, Jamie Dornan e il piccolo Jude Hill, visti nel bellissimo Belfast, valso a Branagh l’Oscar per il miglior film, oltre a Camille Cottin e Kyle Allen.

Una Venezia tenebrosa e uggiosa, fantasmi di cui sentiamo i lamenti e che avvistiamo tra una scena e l’altra, rumori improvvisi – i fantomatici jump scare – che fanno sobbalzare. A differenza dei precedenti Assassinio sull’Orient Express e Assassinio sul Nilo, nettamente più fedeli agli omonimi romanzi di Agatha Christie, Assassinio a Venezia è ispirato al romanzo Hallowe’en Party, titolo italiano Poirot e la strage degli innocenti, ma ha preso spunti anche da una serie di racconti intitolata L’ultima seduta spiritica.

La trama è stata rivista e corretta in più punti, con il benestare del pronipote dell’autrice nonché produttore esecutivo del film, James Prichard. Gli elementi soprannaturali sembrano prendere il sopravvento sul racconto e la stessa scelta di spostare l’ambientazione dall’Inghilterra a Venezia accentua questi aspetti.

Confezionato in maniera assai accattivante grazie alla splendida fotografia di Haris Zambarloukos, Assassinio a Venezia punta su una maggiore caratterizzazione del personaggio di Poirot, di cui vengono svelati paure, dubbi e debolezze e infrante alcune certezze. L’interessante novità è l’accennare continuo ai traumi della guerra appena finita, siano essi fisici o psicologici: il personaggio di Jamie Dornan ha infatti bisogno di tranquillanti per sedare le sue crisi da stress post-traumatico, mentre lo stesso Poirot, dopo tanta violenza, tanta disumanità e tanto orrore, ha perso la fede.

Stilisticamente il film di Branagh rispecchia i canoni del genere che accomuna un che di horror, un pizzico di gotico e l’aura soprannaturale che ammanta tutta la narrazione. Il risultato è un racconto che tiene incollati allo schermo e che, sebbene risolva in maniera fin troppo repentina un caso apparentemente legato ad antiche leggende, coinvolge fin dalla prima inquadratura: i fermo immagine catturano l’aura di mistero che avvolge Venezia, vera e propria protagonista della vicenda, mentre la musica stridente si alterna magistralmente a silenzi angoscianti e carichi di tensione.

Acclamato dalla critica americana come il miglior Poirot di Branagh, Assassinio a Venezia è un omaggio al film di genere – ci sono echi anche de Le verità nascoste di Robert Zemeckis – di cui sfrutta sapientemente le caratteristiche. Un dramma da camera che conquista, diverte, terrorizza. Da non perdere.

 

 

Daria Castelfranchi