C’è ancora domani: l’esordio registico di Paola Cortellesi

C’è ancora domani per vivere, per amare, ma soprattutto per votare. L’esodio alla regia di Paola Cortellesi è elegante e raffinato, girato in un classico bianco e nero che rimanda al periodo di riferimento, l’immediato dopoguerra, e al cinema dell’epoca, come pure i brani retrò della colonna sonora (da Fiorella Bini ad Achille Togliani), che si alternano alle composizioni originali di Lele Marchitelli e a successi più recenti di Nada, Silvestri, Concato, Dalla.

C’è ancora domani parla di donne; di Delia, sposata ad un uomo violento che la denigra sempre e la picchia spesso, che porta avanti la casa e, al contempo, si arrangia con lavoretti di sartoria e iniezioni per contribuire al bilancio familiare; di sua figlia Marcella, fidanzata con il figlio del proprietario del bar pasticceria, gentile e innamorato all’apparenza; delle donne popolari del quartiere e di quelle benestanti, tutte più o meno vittime del sistema patriarcale che allora era la normalità.

Ma si parla anche del momento storico cruciale: le elezioni del 2 Giugno 1946, monarchia o repubblica, quando, per la prima volta, la donna italiana ha il diritto di recarsi alle urne per votare. E si parla d’amore: Delia e il marito Ivano; Delia e il suo primo amore Nino; Marcella e Giulio; l’amica Marisa e suo marito. Delia è una “brava donna di casa”, ma è continuamente umiliata dal manesco marito Ivano (interpretato da Valerio Mastandrea) e dal suocero Ottorino, il padre che tramanda al figlio l’ideale della donna che deve stare zitta e obbedire.

Però Delia zitta non ci sta, risponde a tono, è una donna forte e indipendente per la sua epoca, e le conseguenze sono le botte quasi giornaliere, che la Cortellesi dipinge con tocco originale e irresistibile come una danza, ma che le lasciano sul viso e sul corpo lividi sempre più evidenti. Se ne accorge la figlia, che vorrebbe vederla reagire e andar via; se ne accorge Marisa (Emauela Fanelli), unica delle donne del film ad avere un marito compagno e non padrone, a riprova che un matrimonio felice è possibile; se ne accorge Nino (Vinicio Marchioni), che rimpiange di averla persa e le chiede di scappare con lui a Milano per iniziare una nuova vita insieme. Se ne accorge finanche uno dei soldati americani di stanza a Roma, che la prende in simpatia e che vorrebbe aiutarla (e lo farà, anche se in modo alquanto particolare).

Eppure Delia va avanti, lavora e bada alla casa, organizza il fidanzamento di Marcella, finchè non vede il pericolo che la ragazza corre, di fare la sua stessa fine; tacciata dalla figlia di non fare nulla, Delia invece fa, eccome, per salvarla da un destino troppo simile al suo. C’è ancora domani usa i toni della commedia per descrivere un mondo che si è tramandato, in forma diversa, fino ad oggi; la figura della donna, nonostante le conquiste sociali e la libertà raggiunta, è ancora troppo spesso vittima di un sistema patriarcale che ha origini antiche, umiliata, picchiata, uccisa. La Cortellesi ha girato un film sulle donne dalla parte delle donne, ma con la leggerezza che più le è congeniale, mostrando la violenza psicologica e fisica ma senza drammatizzarla, almeno fino alla tensione che porta al colpo di scena finale. Un finale che, per certi versi, rimane aperto. Aperto soprattutto alla speranza di un cambiamento reale e duraturo nella nostra società e nei rapporti tra uomo e donna, finalmente privi di prevaricazione da entrambe le parti.

 

 

Michela Aloisi