Disponibile su RaiPlay Francofonia di Aleksandr Sokurov

Disponibile su RaiPlay Francofonia, un film drammatico del 2015 diretto da Aleksandr Sokurov, presentato alla 72ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Le riprese sono state effettuate principalmente in Francia, a Parigi presso Rue de l’Echaudé, il Museo del Louvre e il Giardino delle Tuileries e a Sarthe presso il Château de Sourches (rifugio per capolavori durante la guerra); altre riprese sono state realizzate in Russia ed in Olanda. Durante la produzione, si diceva spesso che questo film fosse girato in una sola ripresa, rendendolo il sequel ideale del precedente “film-museo” di Aleksandr Sokurov, Arca russa (2002). Alla fine, una tecnica di editing più tradizionale è stata scelta da Sokurov per raccontare la storia. Il film è stato proiettato la prima volta il 4 Settembre 2015 alla 72ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia; è stato in seguito presentato in altri festival cinematografici, come il Toronto International Film Festival, Vancouver International Film Festival, London Film Festival e La Roche-sur-Yon International Film Festival. Con Louis-Do de Lencquesaing, Benjamin Utzerath, Vincent Nemeth, Johanna Korthals Altes, Andrey Chelpanov, Jean-Claude Caer.

Trama
Attraverso la storia di due uomini straordinari – Jacques Jaujard (direttore dei Musei Nazionali durante la Seconda guerra mondiale) e del conte Franz Wolff-Metternich (responsabile dal 1940 al 1942 della conservazione del patrimonio artistico) – si racconta dell’anomala collaborazione tra due nemici ma collaboratori chiamati a preservare i tesori del Louvre e molte delle opere rubate agli Ebrei dalla follia nazista. La loro vicenda fa inoltre da sfondo a una riflessione sul rapporto tra l’arte e il potere, sul museo come luogo vitale delle civiltà e sul linguaggio dell’arte stessa.

“Libertè, Egalitè, Fraternitè” ribatte la Marianne a un dispotico Napoleone che si vanta di essere colui che ha reso maestoso il Louvre, depredando innumerevoli e meravigliose opere dalle terre conquistate durante l’esponenziale espansione dell’impero francese. Gli spettri della Storia si aggirano tra le sale del museo più celebre del mondo, tornando a far sentire la propria voce, intervallando una narrazione che, a tratti documentaristicamente, ma anche attraverso un notevole lavoro creativo di ricostruzione degli eventi, ripercorre le vicende di un’istituzione, quella del Louvre, che durante il secondo conflitto mondiale, al tempo dell’occupazione nazista, vide l’incontro di due personalità di spicco: l’una aristocratica, il conte Franziskus Wolff-Metternich, il responsabile della conservazione del patrimonio artistico e culturale delle nazioni conquistate dal Terzo Reich, l’altra repubblicana, Jacques Jaujard, funzionario francese sovraintendente del museo. Le opere più importanti vennero previdentemente, prima dell’ingresso delle forze tedesche a Parigi, trasportate in una villa situata in periferia, proprio per evitare possibili appropriazioni indebite da parte dell’invasore, e i due responsabili, dopo un’iniziale fase di studio, raggiunsero un’intesa convenendo sull’opportunità di lasciare dove stavano quegli inestimabili capolavori. L’amore per l’arte, dunque, prevalse sugli istinti di prevaricazione, e tutta quella bellezza trovò un sicuro riparo, in attesa di tornare a far brillare la vista dei visitatori di tutto il mondo.

Sokurov fa parlare le opere stesse, riprendendole con dei movimenti di macchina che ne deformano i contorni, fornendo, quindi, un dinamismo che le riporta in vita e ne riattiva l’originaria aura, ammantandole di un antico splendore. Sguardo e Bellezza sono connessi in un concatenamento imprescindibile, senza il quale non è dato poter accedere al reale valore di un’opera, in una tematizzazione del versante della fruizione che, anche in quest’occasione, risulta decisivo ai fini dell’elaborazione di un giudizio riflettente che, seguendo la lezione kantiana, ha una sacrosanta pretesa di universalità, scampando il relativismo della mera espressione di gusto, e configurando, quindi, la vera grande Arte.

Ma la riflessione di Sokurov comporta anche l’altro inevitabile intreccio, quello tra Arte e Storia, gettando una luce che necessariamente illumina retroattivamente ciò che è stato, la provenienza e l’origine, per poter meglio comprendere un presente che, altrimenti, risulterebbe fortemente impoverito e non correttamente leggibile. Eppure se l’esaltazione della logica museale del regista russo trova una sua chiara e utilissima funzione, nella misura in cui la memoria del passato costituisce un indispensabile strumento per analizzare l’attualità, meno condivisibile è la sua promozione se la si orienta a partire dal futuro, considerano il crescente sviluppo di una creatività diffusa che, insinuandosi capillarmente nello spazio virtuale, attraverso la smaterializzazione di ogni forma di supporto, segna un decisivo passaggio in cui si annuncia proprio la perdita dell’aura, in favore di una totale democratizzazione del processo creativo e, soprattutto, del momento fruitivo, tramite una rivoluzione comunitaria che frantuma ogni residuo dialettico.

Certo, Sokurov rimane un passo indietro, non si inoltra volutamente nei destini futuri dell’arte, il suo è un viaggio a ritroso, eppure pare opportuno fare alcune precisazioni per evitare che la salvaguardia di un’opera diventi strumento per riproporre la celebrazione del genio creatore, con tutti i connessi effetti escludenti e di riduzione dell’osservatore al ruolo di soggetto ininfluente. Sokurov non cessa di ricordare quanto il patrimonio artistico e culturale costituisca il decisivo segno di riconoscimento dell’identità di un popolo, e, dunque, quanto necessiti di una politica di valorizzazione e tutela (vedi il nostro sciagurato paese).

Inoltre c’è spazio in Francofonia – Il Louvre sotto occupazione per un finale particolarmente poetico in cui l’epico inno russo, storpiato da una dissonanza che invece di offuscarlo paradossalmente lo esalta, accompagna l’insinuarsi di un un rosso scarlatto che pian piano occupa lo schermo, quasi a indicare quella contrapposizione di ideologie che, successivamente al secondo conflitto mondiale, segnerà le sorti del ventesimo secolo; un presagio appena accennato che mette i brividi, tratteggiando una contrapposizione di forze della cui pericolosità estrema si è imbevuto tutto il novecento.

 

 

Luca Biscontini