G. Cambieri “Cerniera”. Quando la corrispondenza diventa rinascita

Giuditta Cambieri teatro cerniera

Giuditta Cambieri presenta il suo nuovo spettacolo teatrale “Cerniera” andato in scena a Roma il 14 e 15 novembre

 

Dal felice sodalizio, umano e artistico, di Anna Segre, medico psicoterapeuta, poetessa, autrice di A Corpo Vivo, e Giuditta Cambieri, attrice e performer, nasce lo spettacolo teatrale “Cerniera” -con il contributo registico di Christian Angeli e le musiche di Federica Clementi – andato in scena al Teatro Porta Portese di Roma il 14e 15 novembre.

Dalla poesia, quella di Anna Segre, carica di immagini che suscitano emozioni, invertono sensazioni, travalicano il conosciuto per tuffarsi nell’ignoto che attrae e respinge, fa paura ma affascina, Giuditta Cambieri ha creato una sua personale partitura scenica in cui il corpo -tempio prezioso che sublima- diventa parola, e viceversa.

“Come in un circo illusionistico le metafore si concretizzano in oggetti e azioni, e il gioco diventa quello di svelare e rivelare verità” sostiene l’attrice. Verità. Questo il crinale su cui si dipana lo spettacolo, il sentiero sconnesso e imprevedibile che segna il percorso angusto e tormentato verso un sé carico di tensione ma sempre più illuminato di desiderio.

Un desiderio che da subito viaggia tra il melodramma e il comico, il comico e poi di nuovo il melodramma in un costante andirivieni che strazia, tortura, sbrana eppure invita a scorgere. Cosa? Il non detto che incombe, il taciuto sospeso tra il volere e il voler non volere, la paura che blocca generando un male autoimmune.

Verità quindi è scorgere, tra le trame inquinate del già visto e vissuto, il possibile contro il probabile abbigliato di una nuova veste perfettamente aderente a un nuovo corpo. Che non chiede, non urla, non pretende ma cerca una nuova dimensione: la terza, quella del gesto nello spazio. E si fa danza, questo nuovo corpo, soggetto e oggetto, parte di tutto e tutto in parte, secondo un richiamo alchemico tanto forte quanto ancestrale.

Così, l’animalesco e incontenibile desiderio di ulteriorità e intensità diventa carne, corpo vivo, tensione crescente che accompagna lo sguardo su orizzonti marini in cui giace il porto sicuro. Che è casa.

Tornare dunque, dopo un viaggio funambolesco che Giuditta Cambieri compie tra piroette e inciampi, per districarsi e liberarsi da privazioni e bulimia, da argini soliti e paradigmi cristallizzati.

Tornare. Con un nuovo corpo e una nuova veste, aderente perché i lembi si baciano esatti nel punto in cui la cerniera (da qui il titolo dell’opera teatrale) riconosce reciprocità combacianti.

Tornare, con un’arma in più: quella della fluidità, elegante crasi tra sé e l’altra il cui confine diventa pasto quotidiano creato e curato nella forma quanto nel significato che avvolge ma non sgretola, accoglie ma non spezza rilanciando ancora e ancora il senso forte di un canto che libera.