GASTONE: un secondo disco di nostalgia urbana

Nostalgia urbana ci piace chiamarla più che retrosceni “barocchi” del indie-pop. La bellezza per il duo composto da Leonardo Antinori e Marco Bertuccioli di Gabicce significa semplicità. Ed infatti è proprio la semplicità il vero punto chiave di questa seconda avventura dei GASTONE, titolo che romanticamente celebra un amico a 4 zampe… e forse per questo o per la visione quotidiana del tutto che tra le righe di questo secondo disco – che didascalicamente titolano “II” – c’è della nostalgia elettrica e delle sospensioni elettroniche. Il tutto scivola con fare nebuloso dentro liriche che hanno dalla loro una bella melodia che si consuma con passo lento e accorto.

Noi parliamo spesso di bellezza… e non solo di quella sfacciata… ecco: per voi cos’è la bellezza?
Ciao amici. Per noi la bellezza risiede nella semplicità. I personaggi fantastici nei bar della provincia, la calma del mare Adriatico, le case abbandonate, l’orto del nostro amico Rella, le storie d’amore potenti e le amicizie che non finiscono mai. Siamo i guerrieri della notte nel segmento di riviera adriatica che va da Pesaro a Cattolica.

Estetica minimale quella dei Gastone. Cosa ricercate nel suono snello e negli arrangiamenti così liquidi?
In questo lavoro abbiamo cercato atmosfere più scure e profonde, anche a livello di testi. Il nostro primo disco era una casa con porte e finestre aperte nella luce del giorno, questo disco è la stessa casa ma completamente chiusa nella notte e illuminata solo dalle candele. La mia principale influenza è stata Nick Cave (che considero come un secondo padre) mentre Marco penso sia stato influenzato più dai King Crimson e dalla musica classica visto il fatto che frequenta il Conservatorio Rossini di Pesaro. La chitarra è lo strumento che guida tutto in queste canzoni ed è uno strumento che penso non mancherà mai totalmente nei nostri dischi perché in fondo siamo dei rockers.

Un certo richiamo al vintage non manca mai. Voi in che periodo storico italiano puntate?
Abbiamo avuto un attitudine un po’ anni ’70 per quanto riguarda questo disco, e forse anche un po’ per il precedente. Il periodo italiano a cui abbiamo sempre puntato è quello attuale in realtà. Ora stiamo lavorando a nuove cose che suoneranno come un disco del 2047.

Secondo voi perché per citare grandi riferimenti si deve sempre e comunque guardare al passato?
Nel passato sono esistite le prime vere rockstar e il passare del tempo ha semplicemente contribuito a renderle leggende, com’è giusto che sia, dato che nella maggior parte dei casi si trattava di persone con talento straordinario e quindi erano/sono intoccabili. Era tutto molto più verticale, cioè tu ascoltavi e guardavi David Bowie e dicevi “wow non sarò mai così nemmeno in quattro vite” mentre ora non penso si possa fare lo stesso discorso per molti dei fenomeni attuali dove magari a volte ti viene da dire “mmh okay se avessi conosciuto anch’io quel produttore di Hollywood al momento giusto forse ora sarei lì”. Tuttavia penso che ogni periodo storico abbia i suoi grandi riferimenti.

Monotonia, demoni, figure patriarcali… “Invecchiando”… in qualche modo il concetto di passato per voi ha anche valenze ben diverse dal solo aspetto cronologico… non è così?
Il passato è sempre un rifugio sicuro. Ha il suo fascino malinconico, infatti, spesso, quando sei bloccato e non sai come andare avanti, torni inevitabilmente indietro. Bisogna stare molto attenti a giocare con il passato perché il rischio è quello di rimanervi intrappolati e non andare più avanti 🙁

E tutto questo anche nel video di “Cristalli” dove sfacciatamente siete figli di un’altra epoca…
Video mattacchione. Il concept di quel video in particolare è stata tutta un’idea del regista. Noi ci siamo semplicemente attenuti al copione (con piacere).