Cattive acque: padelle PFOA FREE

Cattive acque è la vera storia di Robert Bilott, interpretato da Mark Ruffalo, l’avvocato ambientalista protagonista di una estenuante battaglia legale durata ben diciannove anni contro il colosso chimico DuPont, e di come, da uomo tenace e combattivo, ha rappresentato settantamila cittadini dell’Ohio e della Virginia, la cui acqua potabile era stata contaminata dallo sversamento incontrollato di PFOA (acido perfluoroottanoico). Grazie ad uno studio tossicologico sulle vittime, Bilott riuscì a dimostrare i rischi per la salute associati alla contaminazione delle acque e ottenne per loro un importante risarcimento.

Supportato dalla splendida fotografia del fido Edward Lachman, è Todd Haynes a portare sul grande schermo la storia vera contro una multinazionale della chimica come la DuPont, che de facto ha avvelenato tutto il pianeta. Anche voi che state leggendo questa recensione in passato avete cucinato un paio di uova su una padella che non attaccava, grazie al magico Teflon prodotto dall’azienda, ovvero il famigerato PFOA. Se oggi andate in un negozio di articoli per la casa, infatti, potete notare come le padelle che cercate riportino l’ambito marchio PFOA FREE.

Cattive acque è ottimo legal-drama in cui, da avvocato difensore delle multinazionali della chimica, il protagonista si ritrova coinvolto in una battaglia epica che dura ancora oggi. Avvocato che riesce a dimostrare e a rivelare alla nazione come, a causa dello smaltimento di rifiuti tossici scaricati nelle acque superficiali e nelle fognature, sia stata provocata la morte per cancro di tantissimi cittadini. E tuttora, come ci ricorda il film, Bilott sta facendo condannare a suon di rimborsi la potentissima DuPont, che pubblica in questi giorni sul suo twitter il proprio impegno contro il Corona Virus (!!!).

Pubblicato il 6 Gennaio 2016, è un articolo scritto da Nathaniel Rich per il New York Times a fare da fonte d’ispirazione per Cattive acque, che Ruffalo, insieme ai produttori di Green Book e Il caso Spotlight, ha ben accolto per poter portare al cinema una storia di  impegno civile rivolta al grande pubblico.

Una storia che, di sicuro, non renderà contenti gli azionisti della DuPont e che mette in luce, come tristemente noto anche nel nostro paese, le responsabilità di tante aziende che hanno taciuto sulla contaminazione provocata e sulla morte dei loro dipendenti, per non parlare delle gravi malformazioni subite dai loro figli o dei cittadini residenti vicino l’impianto che dava lavoro (una situazione che ci ricorda molto l’ex Ilva di Taranto).

In oltre due ore Cattive acque assorbe letteralmente lo spettatore portandolo in una vicenda lunghissima riguardante la lotta cominciata da Billott nel 2001, e, se inizialmente il ritmo appare blando e lento, in quanto Haynes scegli di calare pian piano e in maniera inquietante nella vicenda, Ruffalo offre una delle sue migliori interpretazioni. E, a riprova del suo forte impegno civile, ci riporta anche a livello umano  la figura di questo avvocato che va oltre la parola “eroe”.

Nel cast troviamo anche Anne Hathaway nella parte della moglie di Bilott, oltre a Tim Robbins e Bill Pullman, ma ciò che, al termine della visione, farà lo spettatore  sarà, sicuramente, andare in cucina a verificare se le padelle con le quali ogni giorno frigge qualcosa siano PFOA FREE.

Non ci resta che chiudere con le parole del vero Bilott, il quale sintetizza perfettamente ciò che va oltre i meriti di un buon film di inchiesta : “È un’opportunità eccezionale di riuscire a far capire alla gente la natura e l’entità di questa minaccia alla salute pubblica. Ma non solo questo: come è potuta succedere una cosa così negli Stati Uniti? In quella che dovremmo ritenere la nazione più sofisticata sulla Terra, come è potuto accadere un problema di contaminazione mondiale enorme, originato proprio qui negli Stati Uniti? Questo film può far sapere alla gente, in modo comprensibile, non solo che tutto questo sta effettivamente succedendo, ma anche come stia succedendo”.

 

 

Roberto Leofrigio