In dvd Ill: Final contagium, l’estremo body horror trasudante critica sociale

Come avvenuto in altre operazioni collettive da schermo quali P.O.E. – Poetry of eerie e Phantasmagoria, è il cineasta indipendente Domiziano Cristopharo a fare da padre spirituale a Ill: Final contagium, datato 2019 e del quale è sia produttore esecutivo che co-regista insieme a tre colleghi.

Perché, partendo dall’idea di un virus che apprendiamo progressivamente essere nato come droga sintetica negli ambienti dell’alta società e diffusosi nientemeno che tramite banconote contaminate, la oltre ora e quaranta di visione suddivide l’unico plot in questione in quattro differenti segmenti appartenenti ad altrettanti autori.

Segmenti dei quali Cristopharo firma il terzo, ambientato in Kosovo e con una Chiara Pavoni transessuale che, ossessionata dalla bellezza, non esita a mettersi nelle mani di una dottoressa priva di scrupoli per sottoporsi ad un particolare intervento di chirurgia plastica. Rispolverando, quindi, la sua personale poetica estrema che, nell’alternare immagini erotiche ad altre decisamente impressionanti qui a base di aghi di siringa (e non solo) conficcati nei capezzoli, gli offre l’occasione di sfoggiare come di consueto anche le ottime doti di specialista in effetti di trucco.

Effetti che cura per l’intero lungometraggio, mirato a rivisitare il cosiddetto body horror nel lasciare avvertire più o meno vaghi echi provenienti dal suo Red krokodil e che, introdotto da titoli di testa accompagnati da musiche – per mano di Antony Coia e Ignacio Redard – di taglio argentiano, apre in Cile sotto la regia di Lucio A. Rojas.

Un Cile dove, in maniera decisamente veloce, assistiamo all’incontro tra il cliente di un pub e due seduttive ragazze dalle tutt’altro che buone intenzioni che, una volta convintolo a portarle nella sua casa, a causa di una misteriosa valigia finiscono per andare incontro ai tragici esiti pseudo-zombeschi alla base di Ill: Final contagium.

Prima che, con Lorenzo Zanoni dietro la macchina da presa, l’azione si sposti a Roma, rallentando la narrazione per rendere ancor più sofferto ed estenuante il destino del Tommaso Arnaldi della serie televisiva I liceali, il quale comincia a subire una dolorosa metamorfosi dopo aver rubato del denaro ad un tizio investito da un pirata della strada.

Una dolorosa metamorfosi dal sapore quasi cronenberghiano che non può fare a meno di rappresentare un autentico spettacolo raccapricciante per gli occhi dello spettatore (soprattutto per quello maggiormente impressionabile) e che, con tanto di dolce metà del protagonista coinvolta nella tutt’altro che piacevole situazione, tra vomito e unghie che cadono sembra in un certo senso suggerire influenze provenienti da cult della decomposizione corporea quali I, zombie di Andrew Parkinson e Zombie honeymoon di David Gebroe.

Del resto, è proprio la decomposizione corporea a “colorare” la bandiera del disgusto sventolata da III: Final contagium, la cui conclusione in una boschiva e post-apocalittica Germania – una volta superato il sopra menzionato momento cristophariano – viene affidata a Kai E. Bogatzki.

Una conclusione che pare quasi abbracciare gli stilemi del found footage nell’inscenare le disperate cronache di un padre impossibilitato a procurarsi il costoso antidoto per poter salvare il figlio infetto, che decide comunque di curare a modo proprio.

Accentuando ulteriormente il forte (retro)gusto di critica sociale che, a cominciare dai sopra menzionati soldi quali veicolo di contagio, attacca in maniera non poco feroce un’umanità da (in)civiltà capitalista sempre più avida, egoista e, di conseguenza, indirizzata alla distruzione.

Con recitazione, fotografia e messa in scena generale che, nonostante il basso budget a disposizione, rendono il tutto decisamente lodevole e non distante da produzioni più alte… quindi da recuperare su supporto dvd – in versione inglese provvista di sottotitoli italiani – targato Tetro Video, arricchito da ventiquattro minuti di contenuti extra divisi tra trailer ufficiale, dietro le quinte e interviste a Cristopharo e Zanoni.

 

 

Francesco Lomuscio