In dvd un tris di titoli divertenti per il cofanetto Adriano Celentano Collezione

Artista a tutto tondo, il “molleggiato” per eccellenza Adriano Celentano, come sappiamo, non si è mai lasciato sfuggire nulla in nell’ambito dello spettacolo, dal mondo della canzone a quello della recitazione, lasciando un segno indelebile in qualsiasi settore e riscuotendo il successo dovuto e meritato.

Per quanto riguarda la Settima arte, ha saputo spopolare innanzitutto con una serie di musicarelli di fine anni Cinquanta e inizio Sessanta, per poi trovare una propria strada recitando una lunga lista di commedie dirette da esperti del settore come Sergio Corbucci e l’accoppiata Castellano e Pipolo

Ed è proprio a questi registi che appartengono i tre titoli proposti da Mustang Entertainment (www.cgentertainment.it) nel cofanetto Adriano Celentano CollezioneBluff storia di truffe e di imbroglioni (1976) di Corbucci, più Zio Adolfo in arte Fuhrer (1978) e Asso (1981), entrambi di Castellano e Pipolo.

Il primo s’immerge nella Francia degli anni Venti, dove, rinchiuso in un penitenziario di massima sicurezza, l’americano Philip Bang (Anthony Quinn) è prossimo a fuggire grazie ad un’evasione programmata a dovere, tanto che l’uomo sente di aver calcolato tutto alla perfezione. Tranne un detenuto italiano di nome Felice Brianza (Celentano), il quale evade al posto suo, venendo scambiato per lui dai malfattori che hanno pianificato la fuga sotto la guida della malvagia Belle (Capucine), ex morosa di Philip. Costretto a far uscire quest’ultimo dalle sbarre con uno stratagemma, Felice unisce le proprie forze a Bang stesso, decidendo entrambi di organizzare una truffa come si deve, da buoni imbroglioni quali sono. L’obiettivo è rubare una preziosa quantità di diamanti appartenenti alla pericolosa Belle.

Quindi, è la strana coppia Celentano/Quinn a primeggiare in questa pellicola che il grande Corbucci tira su per concretizzare un personale omaggio a La stangata di George Roy Hill, che solo tre anni prima spopolò, conquistando oltretutto sette premi Oscar.

E salta immediatamente all’occhio dello spettatore la minuziosa messa in scena dell’epoca, tra notevole cura di costumi e scenografie, al servizio di una commedia dal ritmo calibrato a dovere; il tutto sostenuto da una simpatica colonna sonora (a cura di Lelio Luttazzi) che richiama non poco il prototipo creato da Marvin Hamlish nel citato capolavoro di Hill.

Le femme fatale francesi Capucine e Corinne Clery (cui spetta il ruolo della splendida e ambigua Charlotte) e i caratteristi duri Sal Borgese, Renzo Ozzano e Ugo Bologna completano il cast del film, che fece guadagnare un David di Donatello per la migliore interpretazione (ex-aequo con l’Ugo Tognazzi di Amici miei e L’anatra all’arancia) a Celentano stesso.

Primo film del “molleggiato” a firma di Castellano e Pipolo (i successivi furono Mani di velluto, Innamorato pazzo e Il bisbetico domato), Zio Adolfo in arte Fuhrer parte invece da una serie di raggiri e brogli elettorali tramite cui Adolf Hitler riesce a salire al potere, pianificando quindi una prossima invasione dell’Europa, in maniera che finisca in cima agli uomini più potenti del globo. Una lunga ascesa in cui è sostenuto da uno stuolo di fanatici della causa nazista, tra cui l’illusionista Hermann (Celentano) che, però, ha un fratello gemello di nome Gustav, il quale è il suo esatto opposto, anarchico e rivoluzionario. Ovviamente intenzionato a fermare con ogni mezzo la marcia di Hitler; mentre lo scambio di ruoli tra i due fratelli è inevitabile, generando una sequela di equivoci dagli esiti alquanto tragicomici.

Un bizzarro, doveroso e godibile derivato del chapliniano Il grande dittatore che, oltre ad un doppio Celentano destinato a regalare, di conseguenza, uno spettacolo che vale due volte, quello che colpisce per la creatività registica. Perché la narrazione è affidata ad un susseguirsi di immagini di repertorio (con veri politici della Seconda Guerra Mondiale quali erano Hitler, Stalin e Roosevelt) alternate ad altre ricostruite, nelle quali vediamo recitare anche Claudio Bigagli, Amanda Lear, nei panni di una cantante, e un sosia del Fuhrer che risponde al nome di Giuseppe Diamanti. Un espediente a suo modo anticipatore di quello che nel 1983 è poi accaduto in Zelig di Woody Allen (il che non è poco).

Asso, infine, si concentra sul grande biscazziere e giocatore d’azzardo suggerito dal titolo (Celentano), il quale non si lascia intimorire da nessuno quando si tratta di sedersi al tavolo verde. Solo per amore della sua Silvia (Edwige Fenech) decide di lasciar stare una volta per tutte il regno delle carte, ma, nonostante la promessa fatta alla dolce metà, la prima notte di nozze non può fare a meno di portare a compimento un’ultima partita in un bar malfamato, vincendo. Senza immaginare, però, di essere in seguito ucciso da un sicario inviato dal temuto Bretella (Renato Salvatori), proprietario del locale che ha sempre avuto un debole per Silvia, e di tornare dall’aldilà come fantasma.

Stavolta ad essere rifatto è Il paradiso può attendere, ma, allo stesso tempo, il plot sembra anticipare quello dell’osannato Ghost – Fantasma con Patrick Swayze, realizzato nove anni più tardi. Chiaramente, però, qui siamo nell’ambito della commedia ironica infarcita di fantasioso metafisico, divertente e calibrata, nonché appositamente concepita per le doti comiche dell’Adriano nazionale, come di consueto personaggio tutto d’un pezzo dal carattere burbero e dal cuore d’oro.

Con un’intervista di sette minuti a Pipolo nella sezione extra, un Celentano movie comprendente anche le partecipazioni di Sylva Koscina e del caratterista Pippo Santonastaso.

 

Mirko Lomuscio