Jonas Reingold: intervista al super bassista dei The Flower Kings

Jonas Reingold ha iniziato il 2020 sotto i migliori auspici dal punto di vista professionale. Basta soltanto dire che è reduce da un tour europeo di successo risalente allo scorso Dicembre con la sua band The Flower Kings, e con loro a fine Gennaio si recherà anche in Giappone per alcune date.

Il nuovo cd della formazione, probabilmente la più blasonata del prog rock svedese e una delle più acclamate della scena mondiale in generale, intitolato Waiting for miracles, ha ottenuto risultati molto lusinghieri e critiche entusiastiche sia da parte del pubblico che dei media. Nato a Malmo, Svezia, Jonas Reingold è un bassista solido e potente, forte di una tecnica elaborata e sofisticata che lo ha portato ad imporsi come uno dei migliori strumentisti in circolazione. Ha iniziato a suonare il basso nel 1986 con i WIRE, poi, dopo aver preso un master degree in arts nel 1994, è entrato nei TFK, capitanati dal chitarrista Roine Stolt.

Co-autore delle più significative canzoni della sua band, Jonas ha preso parte negli anni a tanti prestigiosi progetti musicali, tra i quali i Kaipa, i Tangent, Agents of Mercy con Nad Sylvan e Stolt, Lalle Larson Trio, il supergruppo The Sea Within e la sua personale band Karmakanic. Ma non basta. Qualche tempo fa il bravissimo Jonas ha sostituito Nick Beggs come bassista nella Steve Hackett Band, la prestigiosa formazione dell’ex chitarrista dei Genesis, sempre in giro per il mondo in acclamate e affollatissime tournée. Senza dimenticare una grande soddisfazione che Reingold ha avuto di recente: i The Flower Kings (composti, oltre che da lui, da Roine Stolt alla chitarra, Zach Kamins alle tastiere, Mirkko De Maio alla batteria e Hasse Froberg alle vocals e chitarra), nominati ai Grammy Awards svedesi nella categoria Best Hard Rock/Metal con le premiazioni che si terranno il prossimo 6 Febbraio a Stoccolma. Jonas e I TFK saranno inoltre tra i nomi di punta di Cruise To the Edge 2000, host i mitici Yes di Chris Squire, con guests scelte tra il meglio del prog mondiale.

 

Jonas, i The Flower Kings sono stati nominati ai Grammy Awards svedesi per il loro nuovo album Waiting For Miracles. Per voi deve essere davvero una bella soddisfazione…

Che dire, ogni tipo di pubblicità per me è la benvenuta. Parteciperemo alla cerimonia delle premiazioni, sarà ripresa dalla televisione nazionale, quindi avremo un bel po’ di visibilità e questo è un fatto molto buono.

 

Questo è un momento particolarmente positivo per la vostra band anche perché il vostro più recente cd si sta rivelando uno dei vostri più grandi successi. Qualcuno dice addirittura che è il disco più venduto che abbiate mai realizzato…

No, non credo che Waiting for miracles sia il cd più venduto dei TFK, piuttosto è unfold the future del 2002, secondo quanto ci dice la nostra casa discografica. Comunque, questo nuovo disco sta vendendo piuttosto bene e ci sta dando molte soddisfazioni. Waiting for miracles è stato molto apprezzato sia dai media che dal pubblico, però è troppo presto per dire se diventerà o no il nostro album di maggior successo. Rifammi questa domanda tra qualche anno e, magari, potrò darti una risposta più precisa, ma per il momento posso confermare che le cose stanno andando molto bene. La casa discografica è felice, i fan sono felici e anche noi lo siamo, aggiungendoci, inoltre, la felicità per questa nomination. Per rispondere alla tua domanda, se mi aspettavo questo successo ti dico no, che non me lo aspettavo. Sono in questo ambiente da troppo tempo per coltivare ancora delle aspettative. Sai, tu fai la tua musica, io cerco di farla meglio possibile, di seguirla in ogni fase e poi lavoro sodo, tento di fare più interviste possibili, di fare la migliore promozione, ma dopo di ciò non ho nessun controllo della situazione. Quindi, per me non avrebbe senso mettermi in testa troppe speranze. Ripeto, l’unica cosa che posso fare è cercare di proporre un ottimo prodotto.

 

Hai appena concluso un tour con i TFK dove avete presentato le nuove canzoni. Tu stai davvero molto in giro a suonare dal vivo, considerando anche che da poco hai concluso un lungo tour mondiale con la band di Steve Hackett della quale fai parte. Quali sono i lati più positivi dell’essere sempre on the road?

Tanto per cominciare, essendo un musicista professionista, quando sei in tour guadagni un po’ di soldi. Inoltre, se ti trovi in un bell’ambiente, circondato da brave persone, allora stai proprio bene, alla grande e, come nella vita di tutti i giorni, c’è il momento del divertimento e quello dello stress. Di base, comunque, ti rilassi perché, in fondo, devi fare una cosa soltanto: vai nel locale dove ti devi esibire, ti prepari per il concerto, fai il sound check e, quindi, fai lo spettacolo. Non devi fare mille altre cose insieme come magari ti capita quando sei a casa, sempre impegnato tra le questioni che riguardano la gestione della tua casa discografica e varie altre cose. Nella vita normale sei diviso tra quelle che potremo chiamare tante isolette, tanti piccoli doveri che hai e tante commissioni da svolgere. Ma quando sei su un tour bus con un’altra decina di persone, fai sempre la stessa cosa, in modo ripetitivo. Questo è molto positivo per il tuo spirito e la tua mente, è bello vivere una vita così almeno per un po’ di tempo. Poi, certo, sai di dover tornare a casa per occuparti delle tue altre faccende. In tour, inoltre, ti trovi in compagnia di persone simpatiche, mangi i pasti gratis, non devi andare tutti i giorni a fare la spesa, non devi pulire casa. Sei in un hotel dove la tua stanza è sempre pulita e ti cambiano ogni giorno gli asciugamani, ti danno caffè caldo la mattina quando ti alzi, è una bella vita, davvero.

 

 

E, parlando in particolare del recente tour con i The Flower Kings, come sono andate le cose?

Abbiamo suonato dei pezzi dal nuovo cd, Waiting for miracles, Miracles for America, Always there e Black flag e queste canzoni sono state molto ben accettate, almeno credo. Un ottimo modo per presentare il nostro nuovo album e le reazioni dell’audience, soprattutto verso la fine del tour, sono state fenomenali.

 

Tu sei molto conosciuto anche per i tuoi side project. Nei mesi scorsi sei stato forse troppo occupato per pensarci, ma adesso hai in mente di fare qualcosa da solista, magari con la tua band Karmakanic?

Sì, ho sempre un bel po’ di cose in programma. Io, Rob Townsend e Craig Blundell, ad esempio, abbiamo scritto alcuni pezzi mentre eravamo in tour con Steve Hackett, quando ci trovavamo nei camerini o nel tour bus e, probabilmente, le registreremo tra Gennaio e Febbraio quando avremo un po’ di tempo libero. Speriamo di far uscire il cd per la prossima primavera. Saremo un trio, non si tratta di un grande progetto, ma soltanto di musica strumentale con tre persone che la suonano e, magari, potremo avere delle varie guests nell’album. Poi, nei miei programmi c’e quello di finire un album che sto facendo con il chitarrista Sven Cirmsky, sul quale abbiamo lavorato già negli ultimi due anni. Abbiamo registrato le parti di drums e Sven ha fatto le sue parti di chitarra, io quelle di basso ma non abbiamo ancora un cantante. È un progetto di musica melodic rock con degli elementi prog, ma sarà un po’ differente dal solito. Sono proprio curioso di vedere che cosa ne penserà la gente.

 

Tornando ai TFK e al loro recente tour, nella vostra band ci sono state due new entry, Zach Kamins alle keyboards e Mirkko DiMaio alla batteria. Cosa ci dici di loro e del loro contributo live?

Zach Kamins e Mirkko DiMaio sono nel gruppo già da un anno e e il primo tour che hanno fatto con noi è stato in Sud America nel 2019, quindi alcune date anche la scorsa estate. Sono stati grandiosi, sono giovani e hanno contribuito dandoci molta energia. Sia per quanto riguarda le registrazioni dell’album che in occasione del tour, sono stati davvero bravissimi, hanno seguito tutto il lavoro con grande cura dei dettagli. Inoltre, ci hanno dato grande supporto per quanto riguarda tutto il lato musicale e non soltanto. Non posso che dire che siamo davvero contenti di loro.

 

Susanna Marinelli