Resident evil – Welcome to Raccoon City: ricomincio da Capcom

Non risulta molto difficile individuare in Resident evil – Welcome to Raccoon City un certo retrogusto di allegoria relativa al complottiamo legato all’era del Coronavirus.

Del resto, la famigerata Umbrella Corporation che si trovava un tempo nella città suggerita dal titolo, ora ridotta a landa desolata con un grande male che pare si annidi sotto la sua superficie, altro non era che un colosso farmaceutico.

Colosso di cui un manipolo di sopravvissuti pronti ad armarsi all’occorrenza cercano di scoprire la verità dal momento che, appunto, la minaccia virale viene liberata, con le inevitabili, disastrose conseguenze.

Perché, se escludiamo i lungometraggi concepiti in animazione digitale, la settima trasposizione da grande schermo della gettonatissima serie videoludica targata Capcom non si collega affatto alle sei che l’hanno preceduta a cominciare dal 2002, presentandosi in qualità di vero e proprio restart del franchise.

Restart la cui sequenza di apertura ambientata in un orfanotrofio lascia immediatamente avvertire il desiderio da parte del nuovo arrivato dietro la macchina da presa Johannes Roberts – autore di 47 metri e di The strangers: Prey at night – di prendere le distanze dal lavoro svolto in particolar modo da Paul W.S. Anderson (qui comunque produttore esecutivo) all’interno dell’esalogia, avendone firmati quattro tasselli.

Infatti, pur avendo stimolato il ritorno della figura del morto vivente nell’ambito della Settima arte dopo il suo quasi totale abbandono avvenuto negli anni Novanta, il primo Resident evil contribuì in un certo senso ad annientare non poco il genere, spingendo i produttori a finanziare operazioni simili basate unicamente sull’azione e su tutt’altro che spaventosi infetti zombeschi, ridotti esclusivamente a bersagli cui sparare.

Immerso in un’ambientazione cupa e piovosa impreziosita dalla fotografia di Maxime Alexandre, invece, Resident evil – Welcome to Raccoon City provvede a renderli realmente inquietanti, tirando in ballo anche immancabili cani e corvi contaminati e relegando l’alta spettacolarità solo ad una manciata di situazioni, con tanto di esplosivi schianti di un camion e di un elicottero.

Man mano che, con Kaya Scodelario, Hannah-John Kamen, Tom Hopper e Robbie Amell a fare da protagonisti, si approda all’entrata in scena di una creatura conclusiva il cui look sembra rimandare, in un certo senso, a determinate mostruosità viste nel cult lovecraftiano anni Ottanta From beyond – Terrore dall’ignoto di Stuart Gordon.

Elemento che testimonia ulteriormente come, dopo i primi timidi e piuttosto mediocri passi effettuati nell’ambito della Settima arte attraverso b-movie quali Darkhunters e Foresto f the damned, Roberts possa rivelarsi un mestierante di quelli che Hollywood non sembra più avere da tempo.

Un mestierante che, senza regalare sequenze particolarmente memorabili e sfruttando una colonna sonora spaziante da nenie proto-Amityville horror a vecchi successi del calibro di It’s a heartache di Bonnie Tyler, What’s up dei 4 Non Blondies e Crush di Jennifer Paige, si accontenta di mettere in piedi con Resident evil – Welcome to Raccoon City un non disprezzabile prologo ad una probabile nuova saga… e non lascia affatto delusi i fan del videogame originale, fino ad un’ultima sorpresa posta durante i titoli di coda.

 

 

Francesco Lomuscio