Stasera in tv Lucky Luciano di Francesco Rosi, con Gian Maria Volonté

Stasera in tv su Rai Scuola (canale 146 DT) alle 21 (ma disponibile anche su RaiPlay) Lucky Luciano, un film del 1973 diretto da Francesco Rosi. Il film è incentrato sulla figura di Salvatore Lucania, detto Lucky Luciano, boss della criminalità italo-americana di New York condannato a 50 anni di prigione ma graziato alla fine della Seconda guerra mondiale. Il 3 gennaio 1946, Thomas E. Dewey, diventato governatore dello Stato di New York, graziò Luciano per i servigi resi alla Marina, a condizione che lasciasse gli Stati Uniti per stabilirsi in Italia. Prodotto da Franco Cristaldi, scritto e sceneggiato da Francesco Rosi, Lino Iannuzzi e Tonino Guerra, con la fotografia di Pasqualino De Santis, il montaggio di Ruggero Mastroianni, le scenografie di Andrea Crisanti e le musiche di Piero Piccioni, Lucky Luciano è interpretato da Gian Maria Volonté, Vincent Gardenia, Silverio Blasi, Rod Steiger, Jacques Monod.

Trama
Salvatore Lucania, alias Lucky Luciano, è l’indiscusso capo della malavita americana fin dal 1931, quando prende il potere grazie all’eliminazione di una quarantina di avversari. Nel 1946 il governatore Thomas E. Denwey, che anni prima, vestendo i panni del giudice, aveva condannato Luciano, lo spedisce in Italia come indesiderabile. Da quel giorno Lucky prende dimora a Napoli e vive una vita tranquilla. Eppure voci sempre più insistenti lo indicano come l’ispiratore del traffico internazionale di droga.

“Non ho voluto fare una biografia di Lucky Luciano. Con il pretesto del personaggio di Luciano ho trattato la mafia cercando soprattutto di continuare a ragionare sul potere, come avevo iniziato a fare con Salvatore Giuliano e poi con Le mani sulla città, Uomini contro e Il caso Mattei. Perché un gangster? Perché Lucky Luciano? Perché ho creduto fornisse una buona chiave per capire i rapporti tra potere legale e potere illegale, anzi l’interdipendenza tra questi due poteri. Lucky Luciano è il primo genio criminale che abbia capito l’importanza di mettere a disposizione del potere legale il potere illegale, ma senza compiere vere e proprie azioni criminali. Ha liquidato il vecchio concetto di mafia e ha iniziato a cercare alleanze con gli ebrei e gli irlandesi, due gruppi criminali importanti nell’America di quell’epoca, mentre in passato il problema di alleanze del genere non si era neppure posto.

Luciano rappresenta il concetto di una mafia nuova, politica. Ecco perché mi interessava: per far capire alla gente che la mafia non vuol dire sparatorie, mitra, che non è solo quello, che è un vero potere politico e economico. Diciamo che vi sono più elementi romanzeschi e psicologici in Lucky Luciano rispetto ai miei film precedenti, e che potevo inventare cose legate non all’interpretazione dei fatti ma al mio rapporto con la vita privata di un uomo. Mi sono chiesto inoltre cosa vi sia nella mente di un grande criminale. Forse per questo ho indagato maggiormente la psicologia del personaggio mentre fino a quel momento avevo eliminato la psicologia per ritrovarla nel quadro della psicologia globale del film tramite il montaggio.

Un uomo dà sempre la possibilità di essere raccontato. E Mattei, lungi dall’essere arido, era un uomo estremamente complesso. Tutto sta nel modo in cui si interpretano uomini e fatti. Il caso di Lucky Luciano era molto diverso, perché è un tema apparentemente troppo ricco, dà troppe occasioni spettacolari, così ho dovuto, ad esempio, ridurre volontariamente al minimo gli omicidi. Anzi li ho piazzati subito all’inizio, come una specie di indice, di catalogo. Mattei era un tipo che parlava senza sosta, mentre Luciano non parla quasi mai. Il caso Mattei mi appassionava per il personaggio, mentre Lucky Luciano mi affascinava per l’insieme dei suoi rapporti. Luciano mi sembra un personaggio più denso, e il risultato finale è, mi pare, una stratificazione più compatta di argomenti rispetto a Il caso Mattei“.
(Francesco Rosi, intervista di Michel Ciment, in Michel Ciment, Dossier Rosi, a cura di Lorenzo Codelli, Museo Nazionale del Cinema – Il Castoro, Milano 2008)

“Ciò che distingue il film di Rosi dagli altri sulla mafia è il rifiuto di di quella retorica spettacolare che è la liturgia della violenza e l’analisi delle situazioni in cui ‘Cosa Nostra’ si manifesta come l’altra faccia del potere. Anziché dare gran spazio alle stragi – ma le riepiloga in fulminee sequenze – Rosi infatti pone tutta una serie di interrogativi, in cui è implicita la condanna dei politici e degli uomini d’affari che raggiungono i loro scopi illegali nel rispetto formale della legge. È una requisitoria priva dello schematismo di cui soffriva Uomini contro, e cui si accompagna un’ottima ricostruzione delle atmosfee e una felice pittura dei personaggi, l’una e l’altra ottenute con quella padronanza del linguaggio cinematografico, quella sicurezza di taglio e di ritmo che fanno di Rosi uno dei nostri registi più grandi.”
(Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, 20 Ottobre 1973)

 

 

Luca Biscontini