Stasera in tv su Cine34 alle 21 Romanzo popolare di Mario Monicelli, con Ugo Tognazzi

Stasera in tv su Cine34 alle 21 Romanzo popolare, un film del 1974 diretto da Mario Monicelli, con Ugo Tognazzi, Ornella Muti e Michele Placido. Ironica e malinconica commedia, tende a trasformarsi in melodramma, trattando temi quali il conflitto tra nord e sud, le differenze sociali tra lavoratori e imprenditori, l’emancipazione femminile, l’irrompere nella società italiana di nuovi costumi sociali. Grazie all’impianto scenografico di Lorenzo Baraldi, il film descrive efficacemente gli ambienti e il costume degli anni Settanta. Romanzo popolare fu uno dei maggiori successi della stagione 1974-’75, incassando più di un miliardo e mezzo di lire dell’epoca nelle prime visioni. L’idea del film sta nel linguaggio popolare dei personaggi, come il “sindacal-politichese” con uno spiccato accento milanese e ricco di metafore calcistiche di Tognazzi, al quale si contrappone quello ingenuo di Vincenzina e le pesanti inflessioni meridionali di Giovanni. Scritto e sceneggiato da Age, Scarpelli e Mario Monicelli, con la fotografia di Luigi Kuveiller, il montaggio di Riggero Mastroianni, le scenografie di Lorenzo Baldi e le musiche di Enzo Jannacci e Nando De Luca, Romanzo popolare è interpretato da Ugo Tognazzi, Ornella Muti, Michele Placido, Vincenzo Crocitti, Pippo Starnazza, Jone Greghi, Pietro Barreca, Alvaro Vitali, Lorenzo Piani, Nicolina Gapetti, Alvaro De Vita, Gennaro Cuomo, Vincenzo Crocitti, Gaetano Germanà, Francesco Mazzieri.

Trama
Giulio Basletti, operaio milanese ormai piuttosto avanti nell’età, sposa la sua figlioccia, Vincenzina, da cui ha un figlio. Con mille sacrifici Giulio cerca di assicurare alla sua famiglia tutti i confort possibili. Divenuto suo amico nonostante il diverso schieramento politico-sociale, un poliziotto, Giovanni, comincia a frequentare la casa di Giovanni e ben presto ne seduce la mogliettina.

Scritto e sceneggiato a sei mani con Age e Scarpelli e curato nella versione milanese dei dialoghi da Enzo Jannacci e Beppe Viola, Romanzo popolare è un ritratto impietoso dell’istituzione familiare, ritagliato sullo sfondo del femminismo, delle battaglie ideologiche di quegli anni e del confronto tra la cultura del settentrione e del meridione italiano (nello stesso anno Comencini porterà sullo schermo un tema assai simile con Delitto d’amore). Girando il film nello stesso anno della legge sul divorzio, Mario Monicelli regala al cinema una delle sue opere più belle ed efficaci nella ricostruzione del clima politico, culturale e sociale di quell’epoca, pur con qualche debito verso il Dramma della gelosia di Scola. Ugo Tognazzi, che torna a interpretare il ruolo del pigmalione di donne ben più giovani dopo La bambolona di Giraldi, è in stato di grazia. Ornella Muti non è mai stata tanto brava e ai suoi fan esibisce un nudo in cui scopre generose grazie. Nella colonna sonora figurano Vincenzina e la fabbrica di Jannacci e Sono una donna, non sono una santa, interpretata da Rosanna Fratello.

Costruita sui flash-back e sui commenti fuori campo del protagonista, Romanzo popolare è una commedia amaramente ironica, che innesta le tematiche sociali di quegli anni (il proletariato industriale, l’immigrazione meridionale, l’emancipazione della donna) su un impianto melodrammatico che ne ha decretato un vastissimo successo di pubblico. Interessante è la commistione di dialetti che si parla nel casermone dei Basletti, in cui si ripropone la dimensione di famiglia allargata dei cortili meridionali. Le battute di Giulio (Tognazzi), in stretto gergo lombardo, mescolano un linguaggio tipicamente sindacalista con metafore calcistiche e sono debitrici dell’apporto di Beppe Viola (che compare nella divertentissima scena del cinema nella parte del bigliettaio “democratico e cristiano”) ed Enzo Jannacci, autori non accreditati delle parti in dialetto milanese. Particolarmente efficace è la rappresentazione della squallida periferia operaia, in cui sembra di sentire l’odore del caffè della mattina, delle umide albe nebbiose prima di entrare in fabbrica, della carta da parati nei sovraffollati appartamenti delle famiglie meridionali. Chi in quegli anni non era ancora nato può facilmente ritrovare in quelle case e in quella fabbrica i frammenti di vita raccontati da chi li ha vissuti.

 

 

Luca Biscontini