I Corpi presentano tracce di violenza carnale di Sergio Martino

Oggi voglio parlarvi di un bellissimo thriller italiano degli anni Settanta, e precisamente I Corpi presentano tracce di violenza carnale, classe 1973, di Sergio Martino, su una sceneggiatura dello stesso Martino in coppia con Ernesto Gastaldi, che all’epoca aveva già all’attivo sceneggiature horror/thriller di tutto rispetto, come ad esempio L’Amante del Vampiro di Renato Polselli, Lycanthropus di Paolo Heusch, L’Orribile Segreto del dr. Hichcock di Riccardo Freda, La Frusta e il Corpo di Mario Bava, La Cripta e l’Incubo di Camillo Mastrocinque e Libido di cui è anche regista insieme a Vittorio Salerno, solo per citarne alcuni. Il film è uno dei primi slasher italiani insieme a Reazione a Catena di Mario Bava, uscito solo tre anni prima, e ci presenta la figura di un assassino davvero iconica, che ha lasciato il segno e si è ritagliata un posto di spicco nel thrilling italiano. Supportato da un buon cast, composto per la maggior parte da donne bellissime, com’era gradito nel cinema di genere degli anni Settanta, e da una colonna sonora di tutto rispetto, di Guido e Maurizio De Angelis, Martino tira fuori un prodotto avvincente, con alcune scene di vero e proprio pathos, dove la tensione si taglia col coltello, mettendo in scena un macchinario di ipotesi e sospetti che renderà il clima teso fino al disvelamento della verità finale.

Un misterioso assassino mascherato miete vittime nell’ambiente dell’università di Perugia, soprattutto giovani donne, che strangola brutalmente con un foulard rosso e nero, per poi farne a pezzi i corpi. La polizia comincia ad investigare sui delitti, cercando di spingere gli studenti a parlare nel caso sapessero o sospettassero qualcosa. Daniela, amica di alcune delle vittime, viene minacciata telefonicamente dall’assassino, che lei crede di aver individuato, e su consiglio dello zio decide di trasferirsi per qualche tempo in una villa in campagna con tre amiche. Qui le ragazze faranno, loro malgrado, la conoscenza di una sconcertante verità.

Martino, che aveva spesso in passato lavorato con l’avvenente Edwige Fenech (come non ricordare i due bellissimi thriller Lo Strano Vizio della Signora Wardh e Tutti i Colori del Buio, rispettivamente del 1971 e ’72), anche per questo film si circonda di donne di grande charme e fascino, tra tutte la conturbante attrice americana Tina Aumont, la cui bellezza la portò a recitare in diverse produzioni italiane di ampio respiro dalla metà degli anni Sessanta in avanti, ed era già molto nota quando entrò nel cast del film di Martino per aver lavorato con nomi quali Alberto Sordi, Michele Lupo, Bernardo Bertolucci, Tinto Brass, Luigi Comencini, Adolfo Celi, Vittorio Gassman, Alberto Lattuada. Al suo fianco troviamo un altro bello del nostro cinema, l’attore ed ex modello francese Luc Merenda, particolarmente attivo negli anni Settanta in Italia in numerosi film poliziotteschi, e che più tardi ritroveremo in un altro titolo di culto del thriller italiano, Pensione Paura di Francesco Barilli del 1977. Ed altri sono i nomi noti al cinema italiano di quegli anni, come quello dell’attrice inglese Suzy Kendall, che qui interpreta l’americana Jane, uno dei volti celebri del genere thriller e soft erotico italiano, o il caratterista Vincenzo Crocitti.

Oltre al buon cast, perfettamente adatto alla vicenda, quello che fa forte il film di Martino, come accadeva ed accade tuttora spesso nel cinema italiano, è il ruolo predominante che hanno le locations. Per girare questo film la troupe si è spostata da una regione all’altra del nostro bel paese, trovando in ogni situazione gli sfondi adatti ad accompagnare la scena. Ci si sposta da Perugia a L’Aquila, da Viterbo a Roma, in un batter di ciglio. Se Perugia, con la sua bella piazza IV Novembre, è la location che viene inquadrata forse più spesso, come esterno dell’università intorno alla quale gravitano praticamente tutte le vittime, una menzione speciale va anche al bellissimo castello di Corcolle, oggi un agriturismo, collocato nelle campagne romane ed usato più di una volta come set, per il suo ingresso particolarmente scenografico. Degne di nota sono anche le Cascate di Monte Gelato, a Mazzano Romano, anch’esse spesso adoperate in svariati film italiani (ci hanno girato persino un film di Cicciolina!!). Il paesino dove le ragazze “scappano” per evitare l’assassino è quello di Tagliacozzo, in provincia de L’Aquila, ma la villa sullo sperone di roccia ovviamente non c’è, essendo collocata, come già detto, a Roma, e per le riprese da lontano è stata usata una sagoma di cartone appositamente truccata. Persino Nepi si ritaglia una scena all’interno del film, mostrando come sia stata accurata ed approfondita la ricerca delle locations, che non sono mai state lasciate al caso.

E tale cura Martino la profonde in tutta la pellicola, disseminando indizi e sospetti, anche coadiuvandosi con la tecnica del flashback che più di una volta ci mostra le mani di un bimbo ed una bambola, ovviamente chiavi per comprendere il finale, ma che acquisteranno un senso solo dopo aver svelato il volto ed il nome dell’assassino. Questo è un vero e proprio thriller di quelli fatti bene, che si fa seguire ma non permette di intuire l’omicida se non andando, da un certo punto in poi, per esclusione. Considerato, come dicevo all’inizio, insieme a Reazione a Catena di Mario Bava, uno dei precursori dello slasher (inaugurando il genere prima dei modelli americani Halloween e Venerdì 13), è anche uno dei film italiani che più ha influenzato il cinema Made in USA: diverse situazioni ed idee si ritroveranno nel Rape&Revenge americano del 1978 I Spit on Your Grave (in italiano uscito col titolo Non Violentate Jennifer). Quentin Tarantino, secondo la rivista specializzata Nocturno, lo ha indicato come il giallo all’italiana che ama di più.

La stupenda fotografia, cupa e misteriosa, di Giancarlo Ferrando, e l’ottimo montaggio, rapido e serrato, di Eugenio Alabiso, contribuiscono a creare un’atmosfera di continua suspense, soprattutto nella seconda parte del film, e le scene gore e splatter sono davvero ben realizzate, inclusi gli spezzettamenti dei cadaveri praticati con un seghetto da falegname. I Corpi presentano tracce di violenza carnale (all’estero distribuito col titolo più conciso Torso), è una continua ed omogenea fusione di elementi classici e stilemi innovativi, destinati a fare scuola: Martino ed Argento sono stati senza dubbio due dei nomi italiani che più hanno portato il nostro cinema fuori dall’amata patria, lasciando il segno anche oltre oceano. E se Martino prende dalla cinematografia argentiana alcuni elementi quali le bambole, il trauma infantile dell’assassino, la mano guantata e l’ossessione per il dettaglio ingannatore, tuttavia certi altri sono davvero delle novità: l’assassino perde cappellacio e tranch neri, usando invece una maschera di stoffa bianca che ricorda da vicino quelle usate più tardi sia da Jason  Voorhees che da Michael Myers, creando così un precedente che viene seguito spesso ancora oggi. Alcune delle scene più tese del film sono veramente da manuale, soprattutto quelle girate nella casa di campagna, che sembrano trarre spunto dal celeberrimo Dieci Piccoli Indiani di Agatha Christie: tra tutte ricordo, senza spoilerare niente, quella della chiave, che vede protagonista Jane, divisa dall’assassino soltanto da una porta chiusa.

Nulla da eccepire nemmeno sulla parte tecnica che riguarda la regia di Martino che, essendosi confrontato con i più svariati generi, dimostra di saperci davvero fare, mettendo in campo fluenti movimenti di macchina, piani-sequenza, zoom, fuori fuoco e frenetiche soggettive che svelano una regia solidissima. La componente erotico-morbosa, ovviamente, non può mancare, come in ogni buon thriller anni Settanta che si rispetti, ma non si scade assolutamente mai nel gratuito, così come nelle scene feroci e sanguinarie.

Quindi concludo invitando tutti gli amanti del thriller, ma anche quelli dello slasher, a gustare questo bel I Corpi presentano tracce di violenza carnale, perché è un’opera molto particolare, che se non emerge, forse, come trama e movente dei crimini, vince tuttavia alla grande grazie alla curiosità che suscita nello spettatore, ed ai risvolti psicologici, oltre che per la sua raffinatezza e la sua estetica. Paesaggistica centro-italica al top, morbosità esplicita fuori dalle righe, reazioni legate all’uso di marjuana, melma e nebbia contribuiscono a creare un mix visivo che è un vero piacere per gli occhi. Un film che porta Martino al massimo, così in alto dove forse non è arrivato più.

 

https://www.imdb.com/title/tt0069920/

 

Ilaria Monfardini