I frati rossi di Gianni Martucci

Ogni tanto, negli anni Ottanta, qualche regista che veniva dalla commedia sexy decideva di passare all’horror. Uno di questi è il marchigiano Gianni Martucci, conosciuto anche col nome d’arte anglofono, alla moda del tempo, John Martucci, il quale, dopo un paio di commedie erotiche e un poliziottesco, giunge nel campo dell’horror/thriller nel 1980, con Trhauma, a cui fa seguito, nel 1988, il suo ultimo film, I Frati Rossi, di cui vi parlerò oggi. Martucci non è certo un regista che si ricordi per delle doti particolarmente evidenti, tanto che i suoi film sono relegati nella piccola cerchia degli estimatori di nicchia, ma I Frati Rossi, vuoi per le belle atmosfere coadiuvate dalle magnifiche location romane, vuoi per la presenza di un volto interessante come quello di Lara Wendel, e non da ultimo per la discreta fotografia del multi dotato Sergio Rubini, è un film che merita sicuramente una visione. E’ indubbiamente un gran pastrocchio la sceneggiatura, scritta dallo stesso Martucci in coppia col produttore Pino Buricchi, su un soggetto di Luciana Anna Spacca, che spesso non si capisce dove voglia andare a parare, ma forse è proprio questo che rende affascinante il film, un certo alone di mistero non completamente svelato che aleggia un po’ ovunque, e lo fa amare, con tutti i suoi evidentissimi limiti e difetti, a chi, come me, per certe storie ha un debole. Lo si potrebbe definire un Gotico Moderno, in quanto intreccia gli stilemi del genere portato alla fama in Italia da Mario Bava con gli assassini misteriosi e le sette sataniche tanto cari al cinema degli anni Settanta/Ottanta.

Il film si apre col giovane rampollo della nobile famiglia dei Gherghi, Riccardo, che, ricevuta in eredità l’antica dimora di famiglia, vi si reca per ispezionarla. Dopo aver incontrato una stranissima violinista velata nel parco, il cui volto non viene mai rivelato, il giovane si troverà ad inseguire nei chilometrici sotterranei della villa una bella donna nuda. Ma, una volta raggiuntala, per Riccardo non ci sarà certamente il piacere che si era immaginato: la fanciulla infatti gli taglierà la testa con una spada dall’elsa tempestata di pietre preziose. L’azione ritorna  poi indietro di 50 anni: nella villa vive uno scapolo, il conte Roberto Gherghi, che fa la conoscenza casuale di una giovane pittrice, Ramona Icardi, della quale si innamora, e poco dopo i due convolano a nozze. La coppia, all’apparenza felice, comincerà ad incrinarsi non appena messo piede nella cupa dimora della nobile casata dei Gherghi, dove vive, insieme a Roberto, la sua misteriosa governante Priscilla, la quale è evidente avere un debole per l’uomo. Strane telefonate disturbano la quiete dei neo sposi, e il Conte si reca all’appuntamento con una setta di frati incappucciati in sai rossi, i quali gli chiedono, per lasciarlo in pace, il sangue di una giovane vergine, sua moglie Ramona.

Con un piede nel fantasy, uno nell’horror demoniaco e qualche elemento che lo lega anche al giallo all’italiana con l’assassino dalla mano guantata, I Frati Rossi, se non porta alcuna innovazione nel cinema italiano di genere, riesce comunque a divertire, ad essere accattivante, ed a farsi seguire bene per la sua breve durata inferiore all’ora e mezza. Colore predominante è il rosso scarlatto, che non è solo prerogativa dei frati, ma è anche il colore dell’abito con cui Ramona si sposa, dei fiori che le regala la sua cameriera personale, delle tappezzerie della sua camera. Qualsiasi cosa, in questo film, è rossa. Il rosso esce da ogni dove. La cosa simpatica è che manca quasi esclusivamente il sangue, simbolo rosso per eccellenza del Mondo Horror. Niente sangue, qui, anche se i morti non mancano davvero. Ed i frati rossi, relegati negli inquietanti sotterranei della magione, molto Edgar Allan Poe Style, ricordano in qualche modo un altro folle assassino ammantato di rosso che dimorava nei sotterranei di un vecchio castello: il famoso Boia Scarlatto, protagonista dell’omonima pellicola del 1965 di Massimo Pupillo, anch’egli legato in qualche modo alle antiche torture medievali.

La bellissima attrice tedesca Lara Wendel nel 1988 era già nota in Italia per aver esordito nel nostro cinema di genere nel cult di Tonino Valerii del 1972 Mio Caro Assassino, ad appena 7 anni di età. Dopo esser stata diretta per ben due volte da Federico Fellini in capolavori del calibro di Roma e Amarcord, la Wendel diventa molto ricercata nel cinema horror e thriller, prendendo parte a pellicole iconiche quali Il Profumo della Signora in Nero di Francesco Barilli del 1974, Un’Ombra nell’Ombra di Pier Carpi del 1979, e raggiungendo la fama per la sua interpretazione di Maria Alboreto in Tenebre di Dario Argento del 1982. Nonostante la brillante carriera, che la vede successivamente al fianco di registi quali Lamberto Bava, Umberto Lenzi e Joe D’Amato, la Wendel decide di lasciare il cinema nel 1991. I Frati Rossi è il suo penultimo film. Qui la Wendel veste i panni di una giovane che se all’inizio pare fragile e sperduta, da un certo punto in avanti, grazie ad un’improvvisa rivelazione, si trasformerà in una vera e propria virago pronta a colpire coloro che cercheranno di farle torto. Al suo fianco, nel ruolo del subdolo marito, il Conte Gherghi, troviamo il fratello minore di Michele Placido, l’attore foggiano Gerardo Placido, in arte Gerardo Amato. Il suo personaggio è costantemente in bilico tra l’amore e la forte attrazione che prova per la giovane moglie, e le minacce che riceve dalla misteriosa confraternita dei frati rossi. Sua governante e molto di più è Priscilla, interpretata dalla bella attrice veneziana Malisa Longo, che al tempo della sua partecipazione al film aveva già alle spalle una lunga e variegata carriera che l’ha vista impegnata sui set di registi di genere quali Lucio Fulci, Damiano Damiani, Tonino Valerii, ma anche come musa di Tinto Brass ed addirittura attrice in un film di Bruce Lee. La Longo interpreta una governante all’apparenza algida e glaciale, ma che sa diventare, quando vuole, molto calda e sensuale, la quale conosce molti dei segreti del conte e li tiene gelosamente nascosti, esattamente come faceva la Iris interpretata dalla meravigliosa Franca Stoppi in Buio Omega di Joe D’Amato del 1979. Indubbiamente Priscilla ed Iris sono due personaggi molto simili, pronte a coprire qualsiasi atrocità commessa dai loro padroni pur di poter restare sempre al loro fianco.

Se il cast fa un buon lavoro, certamente I Frati Rossi è un adorabile pastrocchio, con tanti elementi così assurdi ed inutili da risultare persino simpatici, come ad esempio il ragnazzo di gomma che ogni tanto appare minaccioso accanto alle mani della protagonista e non se ne capisce mai la ragione, o i vari strumenti di tortura medievali, buttati lì a casaccio nei sotterranei come fosse normale avere in casa un vero e proprio Museo delle Torture, o ancora il cane che appare e scompare come se premendo un interruttore si decidesse di farlo entrare o uscire dalla scena! Come supervisore agli effetti speciali del film fu inserito inizialmente il nome del grande Lucio Fulci, che però Martucci dichiarò di non aver mai visto sul set, ed alla fine venne accreditato solo per lo slogan internazionale Lucio Fulci Presents, visto che i distributori speravano così di riuscire a vendere meglio il film oltreoceano. Ma pare abbastanza evidente come il genio creativo del Fulcione nazionale non traspaia da nessun fotogramma di questo film.

Un elemento davvero interessante è costituito dalle suggestive location utilizzate da Martucci. La villa del Conte Gherghi è una dimora molto sfruttata come set cinematografico, la famosa Villa Giovanelli a Roma, residenza dei Principi Giovanelli, che pare non siano stati poi così disponibili interrompendo più volte le riprese a causa, a detta loro, del rumore causato dalla troupe. Pare che solo un’ala della villa fosse in buono stato, mentre la restante in condizioni di degrado ed abbandono, il che ha favorito non poco le riprese. Tra i film di genere girati a Villa Giovanelli ricordiamo la bellissima trasposizione di Massimo Dallamano de Il Ritratto di Dorian Gray, Il Dio chiamato Dorian del 1970, Spasmo di Umberto Lenzi del 1974 e la miniserie televisiva RAI Racconti Fantastici di Daniele D’Anza, ispirata ai racconti di Edgar Allan Poe. Per le scene del matrimonio e del cimitero vengono usate delle belle location a Pomezia, mentre le cascate dove nuota la zingara nella parte medievale del film sono quelle, anch’esse molto sfruttate cinematograficamente, di Monte Gelato, a Mazzano Romano, set di film quali Ercole al Centro della Terra di Mario Bava del 1961, I Corpi presentano Tracce di Violenza Carnale di Sergio Martino del 1973, Ator l’Invincibile di Aristide Massaccesi del 1983, Camping del Terrore di Ruggero Deodato del 1987, ed un’altra lista davvero infinita. Notevole la capacità di Martucci di rapportare le scene di epoche diverse tra loro senza lasciare l’amaro in bocca, usando uno stile minimale che è poi il marchio di fabbrica di tutto il film.

Insomma, se certamente I Frati Rossi non è uno di quegli horror che considero nell’Olimpo del Genere italiano, tuttavia la trama avvincente, il ritmo piuttosto serrato, e i colpi di scena legati al quadro misterioso ed alla figura di Ramona lo hanno reso, per me, una gradevole visione. Coi pochi mezzi a disposizione Martucci sceglie di non eccedere nel gore e negli effettacci da due lire, puntando invece su un’eleganza di fondo che rende il prodotto misterioso e mai scadente. Pian piano, giocando sulla suspense, il regista scopre le carte del rebus che, nonostante gli evidenti buchi di sceneggiatura, verrà ricomposto nelle rivelazioni finali, e renderà chiara la prima scena del film. L’unica amarezza che resta in bocca dopo la visione è quella del perché un’attrice davvero dotata come Lara Wendel, che all’epoca aveva appena 23 anni, abbia deciso di abbandonare una così promettente carriera. Un vero peccato.

https://www.imdb.com/title/tt0095175/

Ilaria Monfardini