Bastardi a Mano Armata di Gabriele Albanesi

Il regista romano Gabriele Albanesi torna finalmente al cinema dopo una lunga parentesi di oltre 10 anni, e il suo ritorno non lascia deluso chi, come me, lo aspettava da tempo, avendo visceralmente amato i suoi prodotti precedenti. Nel 2006 Albanesi ci aveva regalato una vera e propria chicca per gli amanti dello slasher e del gore, Il Bosco Fuori, con uno dei finali più cattivi, inquietanti ed allo stesso tempo commoventi del Made in Italy post 2000. Nel 2010 fa uscire un altro film, questa volta molto diverso e difficilmente relegabile in un genere ben definito, Ubaldo Terzani Horror Show, un viaggio onirico e lisergico tra realtà ed immaginazione, magistralmente interpretato dall’affascinante attore pugliese Paolo Sassanelli nei panni di un controverso scrittore con strani hobby. Dopodichè abbandona per un po’ la regia cinematografica per dedicarsi alla sceneggiatura ed ai videoclip: è infatti sua la regia del video Kiss Me Dracula, brano di Claudio Simonetti che fa parte della colonna sonora di Dracula 3D di Dario Argento. E poi finalmente, nel 2021, l’attesa dei fan di Albanesi termina, ed il regista fa uscire, direttamente su Prime Video, il suo terzo lungometraggio, Bastardi a Mano Armata, prodotto da Santo Versace con la sua Minerva Pictures ed interpretato da due attori di tutto rispetto quali Marco Bocci e Fortunato Cerlino, sebbene anche il resto del cast non sia assolutamente di livello inferiore. Il film è un curioso e appassionante mix tra thriller, poliziesco e revenge movie, sconfinando a tratti nell’home invasion, e riesce a tenere col fiato sospeso dall’inizio alla fine, grazie al girato adrenalinico di Albanesi, al ritmo serrato, ed ovviamente all’accattivante sceneggiatura ricca di colpi di scena scritta dallo stesso regista con la collaborazione del giallista Luca Poldelmengo e dell’editore Gianluca Curti, che è anche produttore del film insieme a Versace. Una vera scossa per chi sonnecchiava attendendo speranzoso il ritorno del regista de Il Bosco Fuori, ed anche qui le sorprese non mancheranno, sebbene di natura meno cinica e decisamente più realistica rispetto al primo film del cineasta.

L’azione si apre con due persone che stanno facendo sesso in un’auto in una qualche periferia italiana, di notte. Ad un certo punto due sicari in scooter scaricano un intero caricatore di mitra sull’auto, uccidendo la ragazza e ferendo solamente l’uomo che era con lei. Dopodichè ci si sposta in Algeria, 15 anni più tardi. Sergio è detenuto nel carcere locale, vessato dai poliziotti algerini, costretto ai lavori più umili e degradanti e più volte vittima di agguati, a cui però riesce sempre a rispondere con prontezza, tenendosi cara la vita. Un giorno riceve l’inaspettata visita dell’avvocato Casagrande, che gli promette subito la libertà, ed un monte di soldi, se farà un lavoro per un suo cliente misterioso, in Italia. Sergio, spinto anche e soprattutto dal desiderio di rivedere la figlia piccola che lo aspetta a casa, accetta, senza stare troppo a preoccuparsi della natura dell’incarico. Gli viene comunicato che dovrà trovare qualcosa in una villa, ma, giunto sul posto, si accorge che la villa è abitata da una famiglia, madre, padre ed una ragazza poco più che adolescente, e lui dovrà, a tutti i costi, cercare di portare a termine la sua missione. Inizierà così un viaggio violento in mezzo a segreti, mezze verità, bugie e misteri sepolti nel passato che verranno di nuovo a galla, e non senza conseguenze.

Protagonista della pellicola, nel ruolo di Sergio, il bell’attore umbro Marco Bocci, più dedito alle serie tv che al cinema, ma che certamente non sfigura nei panni assolutamente non semplici di un fuorilegge dal cuore tenero, che però è disposto a tutto pur di rivedere sua figlia, ereditando i drammi esistenziali che un tempo furono propri di un altro bell’attore caro al genere, Luc Merenda. Al suo fianco, nemici l’uno con l’altro, ed entrambi estremamente pericolosi e contorti, i due uomini che con Sergio dividono la locandina del film, Caligola e Michele, interpretati rispettivamente dal napoletano Fortunato Cerlino (il celebre Don Pietro Savastano della serie Gomorra) e dal calabrese Peppino Mazzotta, entrambi con un curriculum prettamente televisivo, come lo stesso Bocci, ma dai volti così espressivi da non essere minimamente penalizzati all’interno di un film. Insieme a loro troviamo il duo femminile composto dalla giovanissima Amanda Campana, per la quale il 2021 è l’anno d’oro, avendo partecipato anche al film di Daniele Misischia Il Mostro della Cripta, e dall’attrice e modella brasiliana Maria Fernanda Candido, che aveva già lavorato in Italia nel 2019 col regista Marco Bellocchio, nel film Il Traditore. La Candido e la Campana sono Damiana e Fiore (bell’omaggio al regista Argento), rispettivamente madre e figlia, che vivono sotto lo stesso tetto con Michele, marito di Damiana, e si ritroveranno ostaggi di Sergio che durante la notte è penetrato in casa loro. Come sia possibile che una villa di quelle dimensioni, collocata in una zona molto isolata, in campagna, non abbia né un allarme né almeno un cane da guardia, questo non è comprensibile, e si tira avanti senza farsi troppe domande, grazie all’espediente della sospensione dell’incredulità, che aiuta a gustarsi il film passando sopra a dettagli che, a dire il vero, di realistico hanno ben poco. Uno fra tutti: le ferite. Mi domando se Albanesi abbia proprio voluto che venissero realizzate delle ferite così finte, inverosimili, posticce, perché giuro di aver visto trucchi di scena decisamente migliori in piccole produzioni low budget spesso autoprodotte: non c’è un taglio o una lesione che appaia realistica, il sangue è chiaramente finto ed appiccicato sulla pelle, ed il volto intorno alla ferita non risulta mai tumefatto, ma carino e pulito come non fosse successo nulla. Quello del trucco scenico è forse il difetto più macroscopico del film.

La famigliola felice viene attaccata da un criminale, e Damiana cerca di convincerlo a non far loro del male con una frase che sarà davvero emblematica per tutto quello che vedremo passare davanti ai nostri occhi: “Mia figlia studia lingue all’università ed io e mio marito facciamo volontariato; siamo delle brave persone”. Questa, insieme a un’affermazione che ci regalerà Caligola alla fine del film, racchiudono in sé tutto il senso dell’opera che ci troviamo di fronte: “L’uso sconsiderato dei social può essere pericoloso a volte”. Ed ecco che Albanesi centra in pieno i suoi bersagli: le famiglie borghesi benestanti, che dietro la patina rispettabile nascondono segreti e vizi spesso al limite dell’inconfessabile, e l’uso smodato dei social, soprattutto da parte degli adolescenti, dove la mania di apparire e farsi vedere dal mondo può causare gravi danni, e portare a vere e proprie tragedie. Nonostante i temi attuali, soprattutto quello legato alle tecnologie informatiche, è evidente che per Bastardi a Mano Armata Albanesi si sia ispirato alla tradizione del thriller e del polizziottesco italiani anni Settanta, e ciò lo si evince già dalla scelta dei titoli di testa. Epico è il finale, con una possente motocicletta che se ne va rombando dalla villa dell’eccidio, sulle note di un pezzo storico di inizi anni Ottanta, quel Rebel Yell di Billy Idol con cui tanti giovani sono cresciuti e si sono identificati.

Certo, il film non ha vette altissime di originalità, si ispira, come detto, a modelli italiani anni Settanta/Ottanta (uno fra tutti Vacanze per un Massacro di Fernando di Leo del 1980, su una sceneggiatura di Mario Gariazzo), ma anche a modelli americani più vicini a noi nel tempo, ad esempio Trespass di Joel Schumacher del 2011 con protagonisti Nicholas Cage e Nicole Kidman, pur tuttavia Albanesi riesce a dargli un’impronta tutta sua, soprattutto nel personaggio di Caligola, che ben si adatta ai modelli visti, ad esempio, in Ubaldo Terzani, con quella sua ironia gigioneggiante e sorniona che sta a sottolineare però le scene più drammatiche del film. Le allusioni al pulp di Tarantino e Rodriguez non mancano, con sangue che schizza da tutte le parti e ingressi in scena altamente teatrali. Insomma, se questo film è indubbiamente meno originale e personale rispetto ai due precedenti lavori di Albanesi, tuttavia il regista torna carichissimo e decisamente cresciuto per quel che riguarda la messa in scena e la padronanza del mezzo, divertendosi a ibridare gli stilemi di generi quali appunto il poliziottesco, il noir, il thriller, lo splatter, l’action, il gangster movie e, perché no, il western, attraverso una regia sofisticata e raffinata e un montaggio serratissimo. Nella definizione dello stesso regista questo film sarebbe “Un noir selvaggio dove nessun personaggio è senza colpa”, sottolineandone così l’aspetto cupo e feroce.

Insomma, con questo Bastardi a Mano Armata Gabriele Albanesi porta avanti un progetto che molti registi di genere odierni stanno cercando di perseguire, ovvero quello di riabilitare il cinema di genere italiano, cosa che egli aveva già fatto coi suoi due precedenti lavori, soprattutto Il Bosco Fuori.

 

https://www.imdb.com/title/tt5268712/

 

 

Ilaria Monfardini