The New Daughter di Luis Berdejo

Ci sono film semplici che, pur non avendo nulla di particolare, arrivano direttamente dove devono arrivare. Questo è il caso, per quel che mi riguarda, di The New Daughter, classe 2009, del regista spagnolo Luis Berdejo, sceneggiatore dell’epico Rec della coppia Balagueró/Plaza (2007). La pellicola, accompagnata in Italia dal sottotitolo Un’Altra Figlia, è tratta da un racconto dello scrittore di thriller irlandese John Connolly, e vede come interprete principale il grande attore californiano Kevin Costner, affiancato dalla splendida spagnola Ivana Baquero, allora quindicenne ma già reduce da successi quali I Delitti della Luna Piena di Paco Plaza e Rottweiler di Brian Yuzna del 2004, Fragile –A Ghost Story di Jaume Balagueró e Racconto di Natale di Paco Plaza del 2005 ed il meraviglioso Il Labirinto del Fauno di Guillermo del Toro del 2006, che la consacra come reginetta ispanica dell’horror e del fantastico. La coppia Costner/Baquero, nei panni di padre/figlia, funziona, ed il film, sebbene basato su una storia semplice e tradizionale e diretto in maniera priva di qualsiasi guizzo, risulta comunque avvincente ed a tratti anche inquietante e spaventoso, complice anche la bella location boschiva.

John James, scrittore divorziato, si trasferisce in una grande casa isolata nei boschi della Carolina del Sud con i suoi due figli, l’adolescente Louisa e il piccolo Sam. L’uomo si trova ad affrontare giornalmente i continui cambiamenti della figlia e le sue ribellioni adolescenziali, ma si accorgerà molto presto che dietro c’è dell’altro: dopo la scoperta nel bosco adiacente la casa di un misterioso ed antico tumulo, la ragazza comincerà a mutare in modo così drammatico che il padre ed il fratellino si troveranno persino ad averne paura. Chi è, quindi, questa nuova figlia, che ha le fattezze di Louisa ma è in realtà molto più oscura e crudele di lei? E cosa sono gli strani versi che arrivano dal bosco, accompagnati da una fitta nebbia, e che fanno accapponare la pelle al solo sentirli? Quale creatura si cela nel misterioso tumulo, che il professore universitario Evan White indica come appartenente all’antica stirpe dei Camminatori di Tumuli? I misteri si andranno pian piano svelando, portando il povero John all’interno di un vero e proprio incubo ad occhi aperti.

The New Daughter è uno di quei filmetti leggeri che mi piacciono tanto: è una storia di paura al 100%, coi mostri ancestrali e le antiche leggende che si fondano su civiltà ritenute scomparse da millenni. Con la colonia di formiche che il piccolo Sam studia a scuola si vuole già suggerire all’ignaro spettatore tutta la cornice del film: una colonia di esseri la cui regina diviene la madre di tutta la stirpe successiva. Poi la grande casa labirintica, presentata fin da subito come un dedalo non accogliente (un po’ all’Amityville, se vogliamo), le belle suggestioni date dai rumori, dai suoni, dai bisbigli, ma anche dall’effetto del vedo/non vedo avvolto nella nebbia romeriana, fanno il resto, e ci trasportano già in qualcosa che non va, come succedeva alla famigliola di Pet Sematary coi grandi tir rombanti che sfrecciavano proprio davanti alla loro nuova casetta. Lo schema della famiglia in pericolo nell’abitazione appena acquistata non è certo né nuovo né originale, ma qui funziona, nonostante tutto.

In sordina si toccano temi scottanti come la gestione dei figli da parte di genitori separati e il rapporto conflittuale tra i padri, soprattutto se soli, e le figlie adolescenti. Il rapporto tra John/Kevin e Louisa/Ivana non era idilliaco già da prima della metamorfosi post tumulo della ragazzina, ed è infatti per questo che il papà perde tempo prima di intervenire drasticamente, imputando le stranezze della figlia alla fase adolescenziale in atto, per altro senza la figura materna al suo fianco. Viene poi anche sottolineata la gelosia di una figlia nei rapporti di un’eventuale altra relazione del padre, anche quando questa sia semplicemente un’amicizia affettuosa come nel caso di John e della maestra di Sam Cassandra, interpretata dalla ex fidanzata del povero River Phoenix Samantha Mathis, resa nota nel 2000 dal cult di Mary Harron American Psycho.

Insomma, una struttura narrativa quasi da drama, che sta alla base di tanti horror e thriller in cui i problemi dei protagonisti si riflettono sulla nuova casa dove vanno ad abitare, viene condotta nei territori del cinema dell’orrore grazie alle belle e misteriose ambientazioni ed all’atmosfera piuttosto opprimente che Berdejo riesce a generare. Peccato che per contestualizzare archeologicamente il tumulo si vadano a tirare fuori nuovamente i nativi americani, sui cui cimiteri sono state costruite le case ed i luoghi di sepoltura di una buonissima fetta del cinema horror a stelle e strisce … vabbè, perdoniamoli, solo per il fatto incontrovertibile che nel territorio statunitense tante antiche civiltà oltre agli Indiani non ci sono state. Berdejo gioca bene con la suspense, che fa salire notevolmente negli ultimi venti minuti di film, costruendo una scena finale solida ed opprimente, supportata dai versi dei camminatori di tumuli e dal loro aspetto lovecraftiano e strisciante, più suggerito che mostrato in piena luce, come dovrebbe essere sempre, secondo me, perché quando un mostro viene svelato completamente si perde molta della suggestione che genere una creatura inimmaginabile avviluppata dalle tenebre.

Certo, i buchi e le ingenuità di sceneggiatura non mancano, ma siamo disposti a chiudere un occhio data la godibilità di tutto l’insieme. Peggio si chiudono sulle sopracciglia super calcate della bella Baquero, che la fanno più vecchia di quanto non sia e di quanto non debba essere nel film. Kevin è in parte, intenso, credibile. La sequenza finale all’interno del tumulo, completamente priva di qualsiasi musica, sa il fatto suo, e riesce a tenere lo spettatore col fiato sospeso. Ma molto interessanti sono anche la similitudine tra la struttura gerarchica dei Camminatori di Tumuli e quella delle nostre formichine e soprattutto la lotta interiore della vera Louisa che a tratti emerge e cerca di contrastare e rimuovere il suo nuovo io, che però pare non darle scampo e non tenerci proprio ad andarsene. Le dinamiche della perdita, dell’abbandono del tetto coniugale, della mancanza della figura materna, punto di riferimento soprattutto per una figlia, si intrecciano con quelle dell’horror classico fatto di mostri e possessioni, rendendo The New Daughter, se non originale, certamente molto appassionante da seguire. Peccato per il titolo, che di per sé spoilera già il nocciolo di tutta la storia! Ma chi dà i titoli ai film non ci pensa a queste cose, mannaggia? Il tema della possessione, chiunque sia a eseguirla, è ovviamente più che suggerito, e questo ci fa già prevedere fin dall’inizio una bella fetta di quello che accadrà. Non sarebbe stato meno fastidioso, ed anche più evocativo, archeologicamente parlando, un titolo tipo Il Tumulo, o affini?

Io ho apprezzato particolarmente anche l’ultimissima scena, con l’immagine che si riflette sulla cornice, di cui non posso dirvi altro per non rovinarvi la sorpresa, ma che riporterà quelli un po’ più anzianotti come me ai bei finali degli Anni Ottanta/Novanta in cui non riuscivi a tirare il fiato nemmeno coi titoli di coda. Inoltre è carina la trovata registica, uno dei pochi guizzi artistici avuti da Berdejo durante tutti i 108 minuti di film, che si rivela un buon mesteriante ma nulla più.

Concludo quindi consigliandovi la visione di The New Daughter, senza grosse aspettative che permettano di gridare al miracolo, ma con la consapevolezza di vedere un film ben fotografato, interpretato e girato, in delle belle location e con un finale che si diverte a prendere in giro l’happy ending di tanta produzione statunitense, rivelando così le sue radici ispaniche che affondano senz’altro in un magma più oscuro ed inquietante, meno melenso e compiacente.

 

https://www.imdb.com/title/tt0951335/

 

 

Ilaria Monfardini